Migliaia di pesci sono stati trovati morti nelle acque del fiume Haihe, nei pressi della città di Taijin, teatro nelle scorse settimane di una terribile esplosione costata la vita a oltre 130 persone.
Le autorità cinesi hanno escluso un collegamento diretto tra la morte dei pesci e l’esplosione, nonostante questa abbia ha causato lo sversamento di 700 tonnellate di cianuro stoccate nei depositi della città portuale.
Il governo di Pechino ha riferito che la causa della moria sarebbe da ricondurre al ciclico calo di ossigeno che stagionalmente interessa il fiume Haihe. I prelievi di acqua effettuati hanno tuttavia rilevato una concentrazione di cianuro 277 volte superiore agli standard accettabili.
E se le autorità cinesi minimizzano l’accaduto, per valutare il livello di sostanze tossiche che si sono disperse nell’area è stato utilizzato un metodo non proprio scientifico. Alcuni piccioni, conigli e galline sono stati rinchiusi in gabbie di metallo e lasciati per due ore sul luogo dell’esplosione. Lo scopo del barbaro esperimento, che ha sollevato il coro unanime di sdegno degli ambientalisti, era quello di dimostrare come non sussistano rischi immediati per la salute. Critici anche i cittadini di Taijin, che non hanno mancato di sottolineare come l’esperimento non abbia alcuna valenza scientifica.
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