Esiste un solo modo per fare prevenzione nei confronti dell’accumulo compulsivo di animali: quello di attivarsi immediatamente alla prima segnalazione ricevuta dalle amministrazioni quando sia compatibile, anche solo per indizio, con questo genere di situazione.
Se in un contesto rurale il fenomeno può essere più difficile da individuare, in assenza di vicini che possano subire i disagi di varia natura che l’animal hoarding crea, nelle situazioni urbane i vicini sono i primi a lamentarsi con le autorità di varie problematiche che provocano disturbo: cattivi odori, rumori eccessivi, presenza di insetti e di topi. Segnali che devono far attivare un immediato sopralluogo da parte dei settori comunali preposti, che vanno dall’ufficio di igiene alla Polizia Locale, per arrivare ai veterinari del servizio pubblico e ai servizi sociali.
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Fare prevenzione significa far emergere le situazioni problematiche quando è ancora relativamente facile cercare di porvi rimedio. Specie in relazione al numero degli animali presenti, che se ancora contenuto, consente l’adozione di provvedimenti mirati ed immediati, mentre quando la consistenza aumenta tutto si complica, per la difficoltà di trovare un’adeguata sistemazione agli animali in sovrannumero.
Sono documentati casi in cui situazioni di accumulo compulsivo di animali, pur note e individuate da tempo, sono state lasciate crescere a dismisura, sino a quando un fattore scatenante, di qualsiasi tipo, ha fatto esplodere il problema, impedendo di continuare a tenerlo sottotraccia, senza mettere in atto interventi risolutivi.
Occorre innanzitutto tenere presente che l’accumulo di animali nella maggioranza dei casi comporta il concretizzarsi di un illecito, sia amministrativo che penale, fatto che deve obbligatoriamente portare da parte degli organismi che lo accertano all’adozione di tutte le attività obbligatorie per il pubblico ufficiale.
Nel caso vengano accertate condizioni che possano integrare il maltrattamento di animali o costituire un pregiudizio per minori o anziani esiste l’obbligo giuridico di informare senza ritardo la Procura della Repubblica competente, per l’adozione da parte del pubblico ministero di tutti i provvedimenti del caso.
In attesa che sia la magistratura a indicare la roadmap per la risoluzione della situazione accertata, con la conseguente interruzione di ogni possibile reato, le attività per evitare ulteriori conseguenze dannose devono essere tempestivamente messe in atto dai pubblici ufficiali e dalla polizia giudiziaria intervenuta.
Molte volte può succedere che chi interviene su questi casi tenda a considerarli dei banali inconvenienti igienici risolvibili con una pulizia dell’unità abitativa e con una diffida a ridurre il numero di animali presenti, senza quindi attivare alcuna delle azioni obbligatorie in presenza di un maltrattamento di animali, reato perseguibile d’ufficio. Scegliendo questa strategia, che potremmo definire di comodo, le autorità intervenute non solo potrebbero essere perseguite per omissione d’atti d’ufficio, ma potrebbero essere ritenute responsabili dell’ulteriore aggravamento della situazione. Fatto che potrebbe avere conseguenze molto gravi per persone e animali.
Bisogna, inoltre, chiarire che anche quando l’accumulatore non venga successivamente giudicato come penalmente responsabile, a causa di una parziale o totale incapacità di intendere e volere causata dalla patologia, questo non può essere una motivazione valida per giustificare il mancato intervento. Questa confusione sui doveri della polizia giudiziaria, legati all’obbligo di interrompere il reato, spesso porta al mantenimento di uno stato di fatto che tenderà ad avere un effetto valanga, moltiplicando in modo esponenziale i danni e compromettendo le possibilità di risolvere, spesso anche in modo definitivo, il problema.
Occorre intervenire sulle cause
Trattandosi di situazioni che derivano da alterazioni del normale comportamento, prodotte da disturbi di natura psichica, il percorso di cura e risoluzione dei problemi non potrà essere pensato solo come un intervento di rimozione degli animali maltrattati e di bonifica dell’unità abitativa. Gli studi fatti hanno dimostrato che il responsabile di questo accumulo compulsivo tende a recidivare nel suo comportamento: per questo non può essere considerato risolutivo un intervento che non sia su molteplici fronti, con periodici controlli e con la necessità di rimuovere non solo gli effetti del comportamento patologico, come spesso accade, ma anche di mitigare e, se possibile, risolvere le cause che hanno portato l’accumulatore a mettere in atto i comportamenti dannosi.
I responsabili di accumulo compulsivo di animali sono quasi sempre persone prive di un’adeguata rete sociale, che hanno individuato nel presunto aiuto agli animali la ragione della propria vita, facendosi sopraffare dalla necessità di soddisfare questo bisogno ossessivo, che fa perder loro ogni capacità di valutazione sul benessere degli animali dei quali si occupano.
Per arrivare a una soluzione del problema non esiste una sola strada, ma un percorso complesso che dovrà impegnare diverse componenti per arrivare a ottenere un esito positivo della questione. Sarà quindi importante la creazione di una sorta di task-force che dovrà vedere lavorare in sinergie magistrati e polizia giudiziaria unitamente a psicologi, servizi sociali, veterinari pubblici e altre componenti da individuare a seconda delle necessità. Un’attività non secondaria sarà quella di aiutare la persona a ricostituire una rete sociale, fatta di affetti perduti, di amicizie e di parenti che contribuiscano a colmare i vuoti che la patologia psichiatrica ha causato. Salvando, così, l’esistenza di persone e animali.
(continua…)