Le piante più evolute, definite “piante superiori”, sono le cormofite terrestri, caratterizzate da un corpo (il cormo) organizzato nei tre organi fondamentali di radici, fusto e foglie. Nel cormo le cellule presentano spiccate differenziazioni morfologiche e funzionali nell’ambito di tessuti.
La chiave di queste differenziazioni è insita in particolari sequenze di DNA (i retrotrasposoni) che, nel corso dell’evoluzione, hanno assunto nuove funzioni indipendenti da quelle originarie.
Una ricerca dell’Università di Pisa, pubblicato sulla rivista The Plant Journal, ha rivelato un meccanismo genetico alla base della creazione di nuovi geni nel genoma di una pianta superiore.
«I retrotrasposoni sono veri e propri organismi autonomi presenti in quantità molto abbondante nel genoma di piante e animali, uomo compreso. Il nostro lavoro mostra come, con l’evoluzione, dalle sequenze di DNA dei retrotrasposoni, mediante mutazioni e riarrangiamenti, si sono creati dei nuovi geni, che intervengono in numerosi processi metabolici e nella resistenza a condizioni avverse» spiega il professore Andrea Cavallini, genetista del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano.
«Oggetto dell’analisi è stato un genoma molto grande come quello del girasole, in cui ben 3530 geni, di cui molti importanti per la vita della pianta» dice la dottoressa Flavia Mascagni, ricercatrice e docente di bioinformatica dell’Università di Pisa.
La ricerca ha costituito la parte centrale della tesi di dottorato della dottoressa Maria Ventimiglia, attualmente borsista nel gruppo del professore Cavallini.
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