Il settore delle sementi antiche autoctone italiane e mediterranee è un comparto del mondo agricolo molto affascinante, ma per molti aspetti anche un po’ misterioso, defilato, che viene da lunghi anni di impegno appassionato da parte di veri e propri pionieri del settore, che peraltro sovente si sono trovati a operare quasi sottotraccia.
Si tratta infatti di un ambito che, anche per difendersi da pressioni di tipo commerciale e da tentativi di controllo non sempre limpidi, si è sviluppato in gran parte in modo sommerso, frastagliato, fluido, difficile da quantificare e controllare.
Peraltro, tenendo conto dell’alto interesse che i consumatori italiani hanno espresso per i semi antichi e per i prodotti a essi collegati, emerge quanto significativo sia il potenziale di crescita di questo settore.
Tuttavia, l’attuale frammentazione della produzione e l’assenza di filiere che sappiano, con efficacia ed efficienza, mettere stabilmente in collegamento produzione, trasformazione, commercializzazione e promozione, rendono molto difficile se non impossibile uno sviluppo robusto in tale ambito.
Un bollino per la filiera delle sementi antiche
Per cercare di affrontare la questione in modo organico ed attraverso canali istituzionali è stata di recente presentata a Roma la prima “Ricerca esplorativa sul settore dei semi antichi in Italia”, accompagnata dal Manifesto degli intenti e delle azioni per i semi antichi italiani e le loro filiere e dal bollino dei valori MAMA SEEDS® della filiera delle antiche sementi italiane e del Mediterraneo voluti dal consorzio internazionale AVASIM – Alleanza per la Valorizzazione delle Antiche Sementi Italiane e del Mediterraneo.
Alla presentazione hanno partecipato il sen. Gilberto Pichetto Fratin, Vice Ministro dello Sviluppo Economico, il sen. Gian Marco Centinaio, Sottosegretario alle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Alessia Montani, Presidente AVASIM e Stefano Vaccari, Direttore generale CREA-Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.
Per la prima volta in Italia, l’indagine fotografa un intero settore agroalimentare italiano in riferimento alle filiere delle antiche sementi autoctone, descrivendone:
- gli operatori attivi in Italia in tale ambito;
- il grado di interesse dei consumatori italiani verso i semi antichi e i prodotti derivati;
- le potenziali opportunità del settore (che comprende i già numerosi e importanti consorzi di produzione nazionali, aziende, cooperative, associazioni, contadini custodi, mulini, ecc.) in termini di contributo alla crescita economica del Paese e del Made in Italy, anche nell’ambito della sostenibilità e della transizione green in corso.
Il Manifesto per i semi antichi italiani e le loro filiere
«Abbiamo deciso di fondare l’Alleanza per la Valorizzazione delle Antiche Sementi Italiane e del Mediterraneo, AVASIM, consorzio internazionale che accolga e aggreghi tutti gli attori delle filiere agroalimentari delle antiche sementi italiane. Il nostro obiettivo è quello di contribuire a ridurre la frammentazione della produzione e a istituire filiere in grado di sviluppare, produrre e promuovere un’ampia offerta di prodotti da semi antichi italiani nel nostro Paese e nel mondo» ha affermato Alessia Montani, neoPresidente di AVASIM.
In quest’ottica il consorzio internazionale AVASIM ha redatto il primo Manifesto per i semi antichi italiani e le loro filiere. Il documento, presentato insieme al rapporto, rappresentato simbolicamente dal bollino MAMA SEEDS®, individua gli intenti e le azioni per unire e compattare il comparto al fine di garantire la vitalità del patrimonio culturale ed economico rappresentato dalle antiche sementi autoctone e dalle loro filiere, ivi comprese la loro identificazione, documentazione, ricerca, preservazione, protezione.
Parte integrante del progetto del neonato consorzio AVASIM è la promozione di una proposta legislativa nazionale di tutela, oggi assente. Ciò nella convinzione che l’heritage seeds economy abbia il potenziale, a oggi in larga parte ancora inespresso, e per rendere ancora più competitivo e distintivo il Made in Italy, in quanto quella delle antiche sementi autoctone è una filiera legata a doppio filo alla qualità, alla storia di luoghi unici, ai saperi e alle tradizioni contadini, alla cultura di scambio e di reciprocità tra comunità e generazioni.
Un’iniziativa dunque interessante e che parte da presupposti teoricamente corretti. Tuttavia bisognerà capire se, nel percorso attuativo e soprattutto in quello legislativo, anche alla luce delle attuali dinamiche del settore semeziero, governato in modo rigido e dove il peso delle grandi multinazionali agroalimentari (che spesso sono anche quelle della chimica) è dominante e sovente ambiguo, non si finisca a creare un mercato/comparto controllato dai “soliti noti”, tarpando quelle piccole ma virtuose iniziative che sino ad ora hanno permesso di salvare e anzi di sviluppare questo patrimonio di inestimabile valore. E del quale anche il Governo e i “pezzi grossi” si sono accorti.
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