Il WWF lancia una campagna per ricordare ai consumatori europei che da questo mese hanno virtualmente esaurito la possibilità di consumare pesce proveniente dalle attività di pesca in Europa. Questo non significa che il pesce sia davvero finito nei nostri mari, ma che l’eccessivo consumo e la sovrapesca abbiano sfruttato l’intera capacità dell’ecosistema mare di produrre pesce, crostacei e molluschi, nei primi sei mesi del’anno.
Se non ci fossero importazioni e allevamenti gli europei non potrebbero avere più a disposizione pesce, senza compromettere ulteriormente e in modo irreparabile la capacità rigenerativa degli ambienti marini. Un monito, quello lanciato dal WWF, che ben rappresenta i problemi di questo tempo, dove gli eccessi degli uomini, l’utilizzo di tecnologie che aumentano catture e sfruttamento rappresentano un grande problema per il futuro di mari e oceani.
La domanda europea di prodotti ittici è diventata troppo alta: se ogni cittadino europeo consuma in media circa 23 chili di pesce l’anno, i consumatori italiani si mostrano ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 chili di pesce pro capite l’anno.
Il WWF rilancia in questa occasione la campagna #DoEatBetter che nel mese di luglio fornirà utili consigli a tutti i consumatori che non vogliono rinunciare ai prodotti del mare, per comportarsi consapevolmente e saper scegliere in maniera informata e senza troppe difficoltà i prodotti giusti da mettere in tavola.
Il Fish Dependence day negli ultimi tre decenni è stato sempre anticipato a causa di uno sfruttamento sempre maggiore, che impedisce alle popolazioni ittiche di mantenere un equilibrio fra pesca e riproduzioni. Per motivazioni che passano si dà un eccessivo consumo, ma anche da tecniche di pesca pensate per massimizzare i ricavi, senza preoccuparsi se questi possano essere effettivamente sostenibili.
«Se non riusciremo a invertire questo trend, il rischio sempre più probabile è di andare verso il collasso degli stock ittici, con gravi conseguenze su tutto l’ecosistema marino – afferma Giulia Prato, Responsabile Mare di WWF Italia –. Il mese di luglio diventa quindi un momento clou per invitare l’intero settore ad adottare comportamenti più responsabili. Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e con loro tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani. Si tratta di circa 800 milioni di persone. Mai come oggi, dopo quasi due anni di pandemia, è stato di così vitale importanza mettere in atto comportamenti sostenibili per la salvaguardia degli ecosistemi marini e delle comunità che da essi dipendono».
Il WWF ha realizzato una guida online al consumo sostenibile di prodotti ittici, che spiega quali sono i piccoli gesti responsabili che possono essere adottati dai consumatori, che vogliano essere attenti e responsabili per non contribuire al costante depauperamento della fauna marina, fornendo in questo modo un importante contributo alla salvaguardia degli oceani e del Mediterraneo.
Per capire la gravità della situazione e rendersi conto di quanto la pesca eccessiva abbia danneggiato gravemente gli stock ittici è sufficiente guardare i banchi delle pescherie, sempre più pieni di esemplari di piccola taglia e di pesce proveniente da mari molto lontani dal Mediterraneo. Un segno dei tempi che non riesce a essere nemmeno lontanamente contrastato dai periodi di fermo pesca imposti ad anni alterni al mar Tirreno e all’Adriatico durante la stagione riproduttiva. Periodi troppo brevi, incapaci di compensare gli eccessi di prelievo e il ripristino delle condizioni necessarie alla ripresa delle diverse specie marine.
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