Se ipoteticamente dividessimo il pesce di produzione locale da quello importato, a luglio l’Europa avrebbe terminato le proprie scorte di pesce e, per il resto del 2019, dovrebbe ricorrere a prodotti d’importazione.
Quest’anno il “Fish Dependence Day” – la data che identifica simbolicamente l’esaurimento di scorte di pesce, molluschi e crostacei locali – è caduto il 9 luglio, in anticipo rispetto allo scorso anno, quando gli Stati del Vecchio Continente avevano finito di consumare le proprie risorse ittiche durante l’ultima settimana di luglio.
Italia senza pesce da aprile
La data che stabilisce, in ogni singolo Stato, la fine delle risorse locali è molto varia: l’Italia è uno dei Paesi che ha terminato per primo le scorte nazionali, esaurendo l’equivalente della propria produzione annua il 6 aprile.
«In poco più di tre mesi abbiamo consumato l’equivalente dell’intera produzione ittica annuale interna: la nostra domanda di consumo è talmente alta da eccedere di circa 3 volte il supporto alimentare che pesca e acquacoltura possono sostenere nel Mediterraneo» commenta il WWF.
Non a caso gli italiani sono tra i maggiori consumatori in Europa, con in media circa 29 chilogrammi di pesce a persona all’anno, contro quella europea di 22,7 chilogrammi.
L’88% degli stock ittici è sovrasfruttato
A oggi, l’88% degli stock ittici monitorati risulta sovrasfruttato.
«È nostro dovere trattare gli oceani con più attenzione, se vogliamo che la vita marina torni a prosperare e che il pesce continui a nutrire noi e le generazioni future – commenta Eva Alessi, responsabile del progetto Fish Forward e responsabile dei consumi sostenibili di WWF Italia –. Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e, con loro, di tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani».
Quali “pesci pigliare”?
Per far fronte a una domanda di pesce sempre crescente, l’Unione Europea è diventata il più grande mercato ittico del mondo, nonché il maggiore importatore di prodotti ittici, metà dei quali provengono dai Paesi in via di sviluppo.
Il rischio, per i consumatori, è di incappare nella rete dei prodotti poco sostenibili.
Per questo, il WWF la lanciato il portale Banco del pesce, attraverso il quale è possibile imparare a scegliere in maniera responsabile. Per esempio, privilegiare specie locali e poco comuni, utilizzare le etichette come fonte di informazioni utili nella scelta del pesce più sostenibile, conoscere le certificazioni, fare attenzione alle taglie minime di ogni specie.
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