I bombi sono animali sorprendenti. Hanno nidi elaborati e strutture sociali complesse, sono molto più intelligenti di quanto verrebbe da pensare e sono anche impollinatori straordinari. A partire da metà degli anni ’80 si approfondirono le conoscenze sul talento di questi insetti, al punto che si decise di sfruttarlo commercialmente per l’impollinazione in serra di alcune colture, in particolare dei pomodori. Nacque così l’allevamento e la produzione in serie di regine di bombo per favorire l’impollinazione dei pomodori e di altre colture in molte parti del mondo. I bombi però, quando venivano utilizzati dai coltivatori, sfuggivano saltuariamente dalle serre e, dove riuscivano a riprodursi e diffondersi, creavano non pochi problemi alle api selvatiche autoctone, con cui entravano in diretta competizione. Inoltre, da fenomenali impollinatori qual erano, potevano cambiare le normali dinamiche naturali nei luoghi in cui non erano nativi, ad esempio favorendo la riproduzione e la diffusione di alcune erbe infestanti. Problemi del genere si osservarono in Cile, Giappone, Tasmania e Nuova Zelanda ad esempio, ma queste invasioni ebbero molti altri risvolti interessanti.
Il biologo britannico Dave Goulson, oggi in forza all’Università del Sussex e uno dei massimi esperti mondiali dell’ecologia dei bombi, fu in prima linea per studiare e capire i meccanismi che avevano portato questi insetti a diventare specie alloctone di successo agli antipodi, mentre nel suo natio Regno Unito molte specie erano in grave crisi. In particolare, si interessò alla specie Bombus subterraneus che era largamente diffusa in Inghilterra fino agli anni ’60 e ’70 (quando Goulson era un ragazzo), ma che era poi diventata sempre più rara, fino alla sua definitiva estinzione su suolo britannico nel 1988. Il problema era la scomparsa dei fiori selvatici nella campagna inglese, dovuta al costante prelievo di suolo per le coltivazioni. Questa domanda di terreno per le colture era divenuta intensissima durante la Seconda guerra mondiale, quando l’Inghilterra era rimasta quasi del tutto isolata dal continente. Goulson studiò le popolazioni di questa specie di bombo in Nuova Zelanda, dove era stata introdotta dall’uomo a cavallo tra il XIX e XX secolo. Lo scienziato provò a reintrodurre la specie in Inghilterra nel 2009 utilizzando regine provenienti proprio dalla Nuova Zelanda, ma il progetto non ebbe successo: molti insetti morivano durante il letargo invernale. Tre anni dopo si ritentò, questa volta prelevando le regine dalla Svezia meridionale, e in questo caso il progetto andò a buon fine, fornendo così un punto di riferimento per futuri lavori di reintroduzione di specie simili.
Goulson, dal canto suo, si dimostrò un grande sponsor del rispetto degli habitat naturali, dell’attenzione nel gestire le specie alloctone e, nondimeno, dei bombi stessi: il suo bestseller A sting in the tale creò un notevole interesse da parte dell’opinione pubblica inglese sull’importanza degli insetti impollinatori e sulla loro tutela. E il suo autore, dotato di una pungente ironia (definì le api domestiche “le cugine anoressiche dei bombi”) e di un talento naturale di narratore, capì quanto entrare in contatto con il grande pubblico fosse fondamentale per perorare le cause dell’ambiente. E così Goulson fu il principale artefice della fondazione del Bumblebee Conservation Trust che ancora oggi si occupa della protezione e dello studio dei suoi amati bombi.
Goulson affianca ora la sua carriera di accademico a quella di divulgatore, e i suoi libri sono letti e apprezzati in tutto il mondo. Pochi anni fa affermò: «Puoi pubblicare esperimenti su riviste di alta qualità più e più volte, ma questi vengono letti solo da alcune decine di scienziati che lavorano nel tuo stesso campo. Ottieni così poco o nulla nel mondo reale».
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