Gli episodi che, durante l’estate, hanno visto la morte di migliaia di animali all’interno degli allevamenti intensivi per via della forte ondata di calore, riapre il dibattito sui diritti degli animali, anche quelli allevati per fini commerciali.
Morte 10mila galline
Il caso più eclatante è quello di un allevamento di pollame situato in provincia di Brescia.
All’interno dei capannoni, a causa del caldo, hanno trovato la morte 10mila galline.
Un’ecatombe che ha spinto le associazioni per i diritti degli animali a denunciare l’allevatore.
«Non possiamo tollerare che qualcosa del genere finisca nel dimenticatoio trattato come ordinaria amministrazione», spiega Essere Animali.
Mancavano i sistemi adeguati
L’associazione si è così rivolta ai Carabinieri Forestali e ha sporto denuncia.
«Il controllo delle forze dell’ordine ha fatto emergere quanto ipotizzavamo, cioè che la causa di questa tragedia è stata una mancanza da parte dell’allevamento. Il sistema di areazione, infatti, non aveva un allarme in caso di malfunzionamento.
L’allevatore è stato denunciato per uccisione di animali come da noi richiesto e gli è stata subito comminata una sanzione».
Passo avanti storico
Il caso dell’allevamento di Brescia è destinato a rappresentare uno storico precedente.
«Ora il nostro obiettivo è quello di modificare lo status e la considerazione di questi animali e fare in modo che, un passo alla volta, anche per loro valgano gli stessi diritti che oggi hanno i nostri animali da compagnia. Quello nascosto dietro le porte di allevamenti e macelli è un mondo quasi a parte, poco visibile e poco conosciuto, in cui ancora oggi gli animali hanno pochissimi diritti».
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