Con le temperature da record registrate a giugno e durante la seconda metà del mese di luglio, i capannoni degli allevamenti intensivi si sono trasformati in veri e propri forni, dove centinaia di animali hanno trovato la morte.
Ecatombe nel bresciano
A giugno, il caldo africano ha provocato la morte di 400 tacchini in un allevamento a Leno, in provincia di Brescia.
«Le condizioni di vita di tacchini, polli e galline sono già difficili in condizioni “standard”: sovraffollamento, animali malati o morti lasciati insieme a quelli vivi, aria malsana e impregnata di ammoniaca esalata dall’accumulo delle feci – spiega l’associazione Essere Animali –. Il caldo ha solo dato il colpo di grazia a questi animali indifesi, resi ulteriormente fragili dalla selezione dell’uomo».
Una moria ancor più grande ha interessato un allevamento di pollame di Cologne, sempre nel bresciano. Qui 10mila galline sono morte asfissiate.
«Con un’ordinanza straordinaria le 18 tonnellate di carcasse sono state “smaltite” tramite infossamento» precisa poi l’associazione.
Poche tutele per gli animali
I capannoni degli allevamenti sono provvisti di ventole per il ricircolo dell’aria e, in alcuni casi, anche di impianti per la vaporizzazione di acqua. Sistemi che, tuttavia, non sono sufficienti a garantire un adeguato benessere animale.
«Mentre in città ci preoccupiamo che i nostri cani e i nostri gatti possano sopportare al meglio il caldo estivo, ci sono milioni di animali negli allevamenti di cui ci stiamo dimenticando, ma che non soffrono di meno – conclude Essere Animali –. Per loro le poche tutele applicate, come ventole che spostano l’aria o in alcuni casi impianti che spruzzano l’acqua, non sono sufficienti all’interno di capannoni in cui le condizioni sono già estremamente critiche».
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