Messaggi allettanti, rassicuranti e a volte persino fuorvianti, stampati sulle confezione di prodotti di origine animale per convincere il consumatore ad acquistare.
Peccato che gli scenari bucolici raccontati dal packaging stridano con la realtà dei fatti, fatta di capannoni bui e minuscole gabbie di rete metallica.
Capirne di più sulla filiera
Il claim “benessere animale” compare sempre più spesso sulle etichette di quantità variegata e crescente di prodotti, eppure non ci offre nessuna indicazione per capire come l’animale ha vissuto ed è stato allevato.
Per questo, Legambiente e CIWF hanno lanciato una raccolta firme destinata ai Ministri delle Politiche agricole e della Salute per chiedere che venga avviato subito un processo per la definizione di un’etichettatura univoca e secondo il metodo di allevamento.
«I cittadini hanno bisogno di azioni da parte delle istituzioni che garantiscano benessere a tutti: animali, persone e ambiente. L’etichettatura secondo il metodo di allevamento è un potentissimo strumento per chi consuma carne, latte, formaggi, yogurt per fare la differenza per gli animali e per noi stessi», spiegano le associazioni.
Quale benessere negli allevamenti?
Ma un vero benessere animale è possibile negli allevamenti intensivi? Secondo Legambiente e CIWF no.
«Però ci sono anche tanti allevatori che lavorano per dare una vita migliore agli animali, rispettando l’ambiente e la salute delle persone – aggiungono le associazioni –. Sono loro ad essere penalizzati da queste etichettature mendaci che nascondo il vero volto della zootecnia intensiva agli occhi dei consumatori italiani, sempre più attenti alle condizioni di vita, seppur breve, degli animali allevati a scopo alimentare».
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