In Italia, il 50% degli antibiotici consumati è destinato agli animali degli allevamenti intensivi.
I dati sono stati resi noti dal Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza, che ha analizzato uno studio condotto dal Policlinico Gemelli.
Perché servono gli antibiotici agli animali?
L’uso degli antibiotici all’interno degli allevamenti è ampiamente documentato: ma quali sono le malattie da curare e perché per gli animali servono così tante medicine?
La risposta la fornisce la Lav: «A causa delle condizioni di sovraffollamento in cui sono costretti a vivere gli animali negli allevamenti intensivi, e delle mutazioni indotte per una crescita esasperata ai fini della loro massima “produttività”, si rende praticamente indispensabile un uso massiccio di antibiotici. Una prassi necessaria per mantenere in vita e per macellarli al momento in cui rendono di più animali che in questo tipo di sistema si ammalano con estrema facilità e che comporta innegabili rischi anche per la salute umana».
Rischio per la salute pubblica
Il consumatore finale, dunque, entra in contatto con la carne contaminata da antibiotici e non senza rischi concreti per la propria salute. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza – vale a dire i batteri che resistono alla somministrazione di farmaci – continua, infatti, a crescere.
«Se esiste una legge che vieta di prescrivere antibiotici agli animali se non sono malati, è chiaro che ASL e veterinari devono controllare. È una questione di salute pubblica», commenta Walter Ricciardi, Professore ordinario di Igiene generale alla Cattolica.
Pollo, tacchino, maiale e uova portano con loro frammenti di genoma modificato che penetrano nel genoma di chi li ingerisce, trasferendo anche la resistenza agli antibiotici.
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