La calotta glaciale dell’Antartide è la più grande del pianeta ed è considerata particolarmente vulnerabile alla rapida perdita di massa di ghiaccio dovuta alle condizioni climatiche più calde.
Per studiare come potrebbe reagire, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) ha guidato una spedizione geologica per studiare l’evoluzione della calotta glaciale nel passato e poter, quindi, prevedere in modo più attendibile le evoluzioni future.
Lo studio del passato mostra che la calotta glaciale potrebbe essere più vulnerabile al riscaldamento globale di quanto si pensasse finora e i risultati della ricerca internazionale svolta nel Mare di Ross, “A large West Antarctic Ice Sheet explains early Neogene sea-level amplitude”, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.
Il riscaldamento globale mette a rischio in particolare le enormi calotte glaciali del settore occidentale dell’Antartide. Lo studio condotto dall’OGS, dall’Imperial College of London, dall’Università di Siena e da altri istituti italiani e stranieri presenta un nuovo archivio geologico del passato, che illumina sui nuovi scenari che potrebbero presentarsi.
La perforazione dell’International Ocean Discovery Program (IODP) nel Mare di Ross, avviata nel 2018, è stata possibile grazie all’impegno dell’OGS che ha acquisito la maggior parte dei dati geofisici utilizzati per l’ubicazione dei siti più adatti per ricostruire le dinamiche della calotta polare.
«Le nostre osservazioni del passato aiutano a fornire previsioni su come la calotta glaciale dell’Antartide occidentale, considerata oggi particolarmente vulnerabile alla rapida perdita di massa di ghiaccio, risponderà nei vari scenari futuri di riscaldamento» spiega Jim Marschalek dell’Imperial College, coordinatore dello studio.
«La spedizione a bordo della nave scientifica Joides Resolution ha consentito di recuperare 1300 metri di carote di sedimento per studiare l’andamento della calotta polare nel corso del tempo, da 18 milioni di anni fa a oggi – spiega Laura De Santis, ricercatrice dell’OGS, capo spedizione e co-autrice dell’articolo pubblicato da Nature –. Le carote della spedizione IODP del 2018 sono state prelevate nei punti chiave per comprendere le cause e la risposta della calotta dell’Antartide Occidentale ai cambiamenti ambientali del passato».
Immagini dell’evoluzione del Mare di Ross e della calotta
Lo studio rivela che tra 19 e 17 milioni di anni fa, durante un intervallo molto freddo nel Miocene inferiore, il volume dell’Antartide aveva raggiunto dimensioni maggiori di quella attuale. «Durante questo intervallo, la calotta ha progressivamente scavato e approfondito il suo substrato roccioso, e si è estesa fino al bordo del continente, in mare» spiega Florence Colleoni, glaciologa dell’OGS e co-autrice dell’articolo. «Successivamente, tra 16 e 14 milioni di anni fa, in concomitanza con livelli di anidride carbonica in atmosfera intorno ai 500 ppm e un clima molto caldo, la calotta si è ritirata significativamente fino a quasi scomparire nel settore occidentale dell’Antartide contribuendo così a un innalzamento del livello del mare globale di diverse decine di metri».
La lettura della storia passata dell’Antartide consente di ridurre l’incertezza delle recenti ipotesi sul rischio di innalzamento degli oceani, incluse quelle rilasciate ad agosto scorso dall’Assessment Report 6 dell’IPCC (scarica qui l’estratto del documento).
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