Dell’effetto serra conosciamo bene i rischi che corrono piante e animali. L’ambiente si surriscalda, le risorse diminuiscono, e molte specie non si trovano più a loro agio.
Ma non per tutti gli animali vale la stessa tesi. Si è infatti visto che l’effetto serra è molto più nocivo per specie appartenenti alle classi dei rettili e degli anfibi. Mentre è meno deleterio nei mammiferi e negli uccelli. Il motivo? Il metabolismo. Le prime due classi tassonomiche riguardano animali dal sangue caldo, capaci quindi di una termoregolazione fisiologica, a differenza delle ultime due, che hanno costantemente bisogno di esporsi ai raggi del sole per poter vivere.
Maggiore adattabilità per mammiferi e uccelli
Gli studiosi dell’Università della Columbia Britannica hanno approfondito i parametri biogeografici relativi a 11.465 specie. Ricavando informazioni dai fossili e dall’evoluzione dei principali taxa. I dati sono stati paragonati a quelli climatici, riguardanti gli ultimi 270 milioni di anni. Così si è potuta constatare la maggiore capacità dei mammiferi e degli uccelli di occupare un grande numero di areali, spesso contraddistinti da differenti tipologie climatiche. Oggi, dunque, in occasione del repentino cambiamento climatico che sta scombussolando il pianeta, si può prevedere un destino più difficile per i rettili e gli anfibi, che con più problemi riusciranno ad adattarsi a nuove realtà biogeografiche.
Futuro a rischio per i rettili
Le prospettive, del resto, sono tutt’altro che benevole. Per quanto riguardai i rettili la situazione è addirittura drammatica. Si stima infatti che un rettile su cinque sia a rischio di estinzione. Lo studio effettuato dalla Società zoologica di Londra si è occupata di 1.500 specie diverse di rettili, a fronte delle 10mila sparse su tutto il pianeta. È emerso che il 19% di esse è in grave pericolo, e che il 47% risulta vulnerabile; dunque prossimo al classico collo di bottiglia (diminuzione vertiginosa degli individui di una popolazione) che preannuncia la scomparsa di una specie. Gli occhi sono puntati soprattutto sulla Ameiva vittata, una specie presente endemica della Bolivia, sparita dai “radar” degli ambientalisti dal 2013.
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