Si chiama Erwinia amylovora ed è responsabile del cosiddetto colpo di fuoco batterico, vale a dire una delle malattie infettive più gravi e insidiose per il pero e il melo. La malattia deve il suo nome comune al fatto che nelle piante colpite i fiori si tingono di scuro e le foglie avvizziscono fino a sembrare bruciate.
Quando vengono colpite da questo batterio, inoltre, le piante subiscono una modificazione del profumo che favorisce la propagazione dell’infezione.
I profumi che cambiano
Il profumo dei fiori di melo e di pero, infatti, non è sempre lo stesso: il patogeno è in grado di modificarne l’aroma favorendo così la sua diffusione di fiore in fiore attraverso il lavoro delle api.
A scoprire questa ingegnosa strategia di propagazione del batterio è stato un gruppo di ricerca delle università di Bologna e di Bolzano che ha pubblicato i risultati dello studio sulla rivista scientifica The ISME Journal.
I risultati della ricerca mostrano come Erwinia amylovora sia in grado di modificare la fragranza dei fiori negli alberi colpiti in modo che le api, ingannate dal nuovo bouquet di profumo, trasportino il batterio da una pianta all’altra. «La pericolosità della malattia è aggravata in particolare dalla facilità con cui il batterio è in grado di diffondersi sfruttando l’opera degli insetti impollinatori», spiegano i ricercatori che proprio su questo aspetto hanno concentrato il lavoro del gruppo di ricerca.
L’inganno delle api
Gli studiosi hanno notato che, messe davanti alla scelta tra fiori sani e fiori colpiti dal batterio, le api mostrano una preferenza per quelli sani. Il motivo è semplice ed è da ricondurre al diverso aroma emesso dai fiori malati. «La nostra ricerca – spiega Francesco Spinelli, docente dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio – mette in luce come Erwinia amylovora, uno dei principali patogeni del melo e del pero, sia in grado di cambiare il profumo dei fiori del suo ospite: una strategia che favorisce il passaggio del batterio dai fiori malati a quelli sani».
Una volta colpita dal batterio, la pianta attiva le sue difese emettendo specifici composti volatili che le api sono in grado di percepire. «A seguito dell’infezione – continua il professor Spinelli – gli alberi reagiscono producendo alcuni composti odorosi, tra i quali c’è in particolare l’acido salicilico, una molecola chiave per i meccanismi di difesa delle piante ma anche un composto repellente per le api».
I fiori delle essenze arboree malate risultano quindi meno “attraenti” per le api rispetto a quelli sani. Perché allora l’infezione continua a diffondersi? «La reazione delle piante malate – spiega il docente – non è in grado di bloccare completamente l’opera delle api, che sono comunque spinte a posarsi sui fiori».
Il numero di api che raggiungono gli alberi malati, dunque, è minore rispetto a quante scelgono quelli sani, ma è comunque sufficiente a favorire la diffusione del batterio. «Una volta che un’ape si posa su un fiore malato questa viene contaminata dal batterio e al tempo stesso si trova respinta dall’azione repellente dei composti odorosi prodotti dalla pianta malata – prosegue il ricercatore -. Di conseguenza, il fiore successivo che sceglierà probabilmente sarà quello di un albero ancora sano: in questo modo l’infezione continua a trasmettersi di pianta in pianta».
Sfruttando le naturali reazioni di difesa delle piante e il lavoro delle api, Erwinia amylovora riesce così a diffondersi in modo rapido ed efficace, mettendo a rischio intere coltivazioni.
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