Il progetto di certificazione del benessere animale portato avanti in maniera congiunta dal Ministero delle Politiche Agricole e dal Ministero della Salute rischia di ingannare i consumatori.
La denuncia arriva dalle associazioni per i diritti degli animali, che hanno duramente criticato la proposta del progetto di certificazione volontaria nazionale dei prodotti di origine animale.
Poca chiarezza per i consumatori
Il rischio è che la nuova certificazione faccia credere ai consumatori che gli animali sono davvero allevati in condizioni migliori quando, invece, cambierebbe ben poco.
«Basti pensare che quello che verrebbe definito “benessere animale”, per un suino del perso di 170 chilogrammi,dovrebbe prevedere solo 0,1 metro quadro in più di spazio. Si passerebbe così da 1 metro quadro, come previsto dalla normativa europea, a 1,1 metri quadri» spiega l’Ente Nazionale Protezione Animali.
Insomma, cambiamenti davvero insufficienti per fare una reale differenza.
Cosa s’intende per benessere animale
Tuttavia la definizione di benessere animale rischia di sembrare vaga. Cosa s’intende con questa locuzione e, soprattutto, può davvero esserci benessere per gli animali degli allevamenti?
«Il benessere animale consiste nell’assicurare lo “stare bene del singolo animale” dal punto di vista dell’animale stesso – spiega CIWF, l’associazione che si batte per un trattamento più etico degli animali da reddito –. Questo può includere la salute dell’animale e comprende sia il suo stato psicologico, sia quello fisico. Per dirla con altre parole, quando sono in condizioni di benessere, gli animali sono sani e hanno quello di cui hanno bisogno. Tuttavia, alcune specie non dispongono ancora di una legislazione specifica, mentre altre sono protette da una legislazione che spesso è carente. Si parla di sistemi di allevamento a basso livello di benessere animale quando le pratiche d’allevamento non vanno incontro ai bisogni fisici e comportamentali degli animali e, di conseguenza, possono causare loro dolore o sofferenza. In quest’ultima categoria rientrando i sistemi di isolamento, come le gabbie delle galline o dei conigli, o i box individuali per i vitelli, o le condizioni di sovraffollamento in cui sono costretti a vivere i polli».
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