Compassion in World Farming (CIWF Italia) è un’organizzazione non profit che combatte contro il maltrattamento animale causato dall’allevamento intensivo. Per sostenere la sua missione, CIWF conduce campagne di informazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per un sistema alimentare incentrato sul rispetto di animali, natura e persone.
CIWS ha lanciato una petizione per mettere fine all’allevamento intensivo.
È sicuramente interessante condividere quello che hanno da dire contro le bugie e la comunicazione ingannevole che girano attorno all’allevamento intensivo, che tentano di camuffare la crudeltà che questo comporta.
Bufale, miti, bugie sull’allevamento intensivo
«Le bugie che girano attorno all’allevamento intensivo sono tante, ma a raccogliere i frutti di quest’opera di disinformazione sono pochi, grandi attori internazionali: si tratta di aziende zootecniche, ovviamente, ma non solo.
Nel mezzo della crisi scatenata dalla guerra in Ucraina, queste aziende sono finite sotto i riflettori per avere realizzato profitti record proprio mentre sempre più persone, in Europa e nel mondo, faticavano a permettersi un’alimentazione sana.
Lungi dallo sfamare il mondo, come vorrebbero farci credere, poche, potenti multinazionali si adoperano per mantenere uno status quo che minaccia la nostra sicurezza alimentare, anteponendo i propri profitti al bene comune.
E mentre loro si spartiscono miliardi, a farne le spese siamo tutte e tutti noi» è la premessa con cui CIWF introduce il suo report.
«Per i prodotti a basso costo provenienti dagli allevamenti intensivi, infatti, paghiamo tutti un conto salatissimo: non solo gli animali, costretti a vivere vite in condizioni aberranti in nome del profitto, ma anche noi esseri umani, la nostra salute e quella del nostro pianeta».
Il report di CIWS (scarica qui il documento) illustra e sfata i principali miti utilizzati dalle grandi aziende agricole per presentare e inquadrare l’allevamento intensivo come una necessità, contribuendo a mantenere questo dannoso sistema produttivo. Vediamo alcuni esempi.
- L’allevamento intensivo è necessario per sfamare la popolazione mondiale.
Realtà – Produciamo molto più cibo di quanto sia necessario per nutrire la popolazione mondiale in crescita, ma una gran parte viene persa o sprecata dopo la produzione, e quantità considerevoli di cereali commestibili per l’uomo – come grano e mais – e di soia vengono utilizzate per nutrire animali allevati, che le trasformano, in modo molto inefficiente dal punto di vista nutrizionale, in carne e latte.
- L’allevamento intensivo fornisce cibo a basso costo
Realtà – Sebbene la carne e il latte prodotti attraverso sistemi intensivi risultino economici alla cassa del supermercato, la società paga a caro prezzo gli enormi costi derivanti dagli impatti negativi dell’allevamento intensivo sulla salute umana e sull’ambiente, tra cui il degrado del suolo e la perdita di biodiversità, l’uso eccessivo di antibiotici, le emissioni di gas serra e l’aumento del rischio di pandemie mortali.
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Chi ci guadagna con l’allevamento intensivo?
Secondo CIWF «sono quattro le aziende che traggono grande profitto dall’allevamento intensivo, note come ABCD: Archer Daniels Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus. Si tratta dei principali commercianti di cereali al mondo e forniscono gran parte dei cereali e della soia utilizzati per nutrire gli animali allevati intensivamente. Nel 2022, queste aziende sono finite sotto i riflettori dell’opinione pubblica, quando è stato svelato che stavano realizzando profitti record in un momento in cui un numero crescente di persone soffriva la fame a causa dell’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’insicurezza alimentare, dovute principalmente al conflitto in Ucraina».
Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) sottolinea che l’uso dei cereali come mangime rappresenta una minaccia per la sicurezza alimentare, in quanto riduce le calorie e proteine alimentari disponibili per il consumo umano.
L’autore del report e Chief Policy Adviser di CIWF, Peter Stevenson, dichiara: «È necessaria un’assunzione di responsabilità per la distruzione che l’agricoltura intensiva sta causando. Non possiamo permettere che una manciata di grandi aziende continui a realizzare profitti enormi a spese degli animali, della nostra salute e della sopravvivenza stessa della vita sul nostro pianeta».
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