Nei giorni scorsi leggevo alcuni ritagli di giornali risalenti a 4-5 anni fa, una raccolta di articoli un po’ diversi dal solito, di quelli che io chiamo di “folklore naturalistico”. In particolare alcune testate locali riportavano diversi casi, per lo più avvenuti durante l’estate, di turisti infastiditi dai rumori naturali.
In Liguria, ad Alassio, i villeggianti protestavano per i continui richiami di rane e gabbiani che impedivano il sonno notturno, mentre a Tarquinia una signora (credo parecchio esaurita) si era rivolta ai Carabinieri chiedendo un pronto intervento contro la cicala che friniva sull’albero di fronte alla sua finestra, minacciando di denunciarla per disturbo della quiete pubblica. «Il nostro sistema nervoso si abitua ai rumori frequenti, li cataloga e noi di fatto smettiamo di ascoltarli», spiegava in quell’occasione il dott. Massimo Delle Piane, otorino. «Quelli naturali ci sono diventati estranei, perciò ci allarmano e disturbano il sonno».
Altri rumori naturali ritenuti fastidiosi sono poi il tubare di tortore e piccioni, il richiamo delle civette, il canto del gallo o i miagolii dei gatti sui tetti.
Il fatto è che gli italiani, sempre più storditi, assordati e assuefatti dai rumori cittadini, ormai non riescono più a convivere con quelli della natura, i cosiddetti rumori «bianchi».
Secondo il professor Michelangelo Iannone, dell’istituto di Scienze neurologiche del Cnr, «nel caso della rana più che la frequenza probabilmente era la potenza del suono a dare fastidio». Ovvero i decibel sprigionati. «Nel nostro cervello, quando avvertiamo un rumore acuto, si attiva un meccanismo interno di allarme e si diffonde il monossido di azoto, un gas che ha un’azione eccitatoria e ci sveglia. Il gracidio o il canto di un gallo, per chi non è abituato a vivere in campagna, possono risultare inquietanti come un cane che abbaia o una sirena». A me questa versione, a parte il discorso sull’azoto, non convince: se, infatti, fosse solo l’intensità del suono a darci fastidio allora il rumore del traffico cittadino o dei vari rumori dell’urbe (serrande alzate e abbassate, camion che caricano-scaricano, sirene, ecc.) dovrebbe impedire il riposo a gran parte della popolazione. E invece molti si abituano e riescono a dormire anche con la metropolitana che gli passa sotto la cantina!
Piuttosto sembra sia proprio il rumore biancho ormai a dare fastidio: quelli costanti, di sottofondo, come il suono della pioggia, del vento o della risacca del mare, che di solito dovrebbero favorire il sonno e il rilassamento (tanto che vendono dei CD con tali sonorità) e che invece per molti (non tutti, per fortuna) sono diventati sgradevoli e fonte di angoscia. «Il verso della rana non rientra nella categoria. Noi ci addormentiamo con alcune frequenze, ma dipende molto dalla sensibilità soggettiva», spiegava l’esperto del Cnr.
E allora fatevi cullare dal martello pneumatico degli operai che rifanno l’asfalto, io preferisco le rane!
I rumori naturali normalmente si manifestano con la nota “La” su frequenze attorno ai 432 Hz, in armonia con quelle naturali delle nostre cellule (la medesima frequenza che si ritrova tra l’altro anche nella musica di Mozart, dalle riconosciute proprietà terapeutiche, oltre che di bellezza). E, dal momento che “tutto è suono” e che ogni organismo, anche umano, è costituito da molecole che emettono vibrazioni, tutto ciò crea solitamente risonanze positive. Ed è quindi preoccupante – e a mio avviso segno di un inquinamento psicosomatico profondo – il fatto di trovare questi rumori sgradevoli.
Addirittura sono noti in letteratura alcuni casi opposti, dove è stata l’assenza dei rumori della natura a creare fastidio e allarme. Il caso più bello è quello che si dice sia avvenuto nel XIX secolo in un villaggio di coloni a ridosso delle famose (e rumorose) cascate del Niagara, al confine tra USA e Canada. Il nome di questi famosi salti d’acqua deriva dal vocabolo in lingua irochese «Onguiaahra», che significa appunto «acque tuonanti». Ebbene, il freddo di quell’inverno ghiacciò le cascate che si ridussero a un rigagnolo. Nel cuore della notte gli abitanti del villaggio si svegliarono in preda a una strana inquietudine, che non riuscivano a decifrare. Anche i cani erano agitati. Poi capirono: gli aveva svegliati il silenzio, le cascate non ruggivano più.
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