Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’East Anglia (Regno Unito) ha trascorso un anno nella regione di Juruá, nell’Amazzonia brasiliana, lavorando con 47 comunità locali per installare 132 fototrappole attivate dal movimento.
Gli studiosi sono riusciti in questo modo ad acquisire 61mila foto che immortalano, durante le loro incursioni notturne, i “peggiori” razziatori delle colture agricole amazzoniche.
Una serie affascinante di foto rivela il comportamento segreto di questi animali, “paparazzati” mentre fiutano il terreno o con lo sguardo stupito verso l’obiettivo.
Sono una decina circa le specie che causano i maggiori problemi alle comunità rurali locali, tra questi il pecari dal collare (Pecari tajacu), il mazama (Mazama americana) e il paca aguti (Cuniculus paca).
I ricercatori hanno anche condotto 157 interviste con gli agricoltori rurali per capire l’impatto sulle comunità locali degli animali selvatici che mangiano i loro raccolti.
Ecco i risultati delle osservazioni
- I razziatori dei raccolti danneggiano le fonti di sostentamento delle comunità amazzoniche, riducendo la produzione agricola, rendendo necessaria una costosa protezione dei campi coltivati e riducendo la gamma di colture che possono essere piantate.
- I razziatori più dannosi sono il pecari dal collare, il mazama e il paca aguti.
- Queste specie non sono minacciate e potrebbero essere cacciate per tutelare le fonti di sussistenza delle popolazioni locali, senza minare la biodiversità.
Una sfida per le comunità locali
Il capo dei ricercatori, Mark Abrahams, della Scuola di scienze ambientali dell’UEA, ha dichiarato: «La conservazione della biodiversità è una sfida per le comunità rurali, i cui i mezzi di sostentamento sono a volte minacciati dalla fauna selvatica. In alcune parti dell’Africa e dell’Asia, per esempio, dove gli elefanti arrivano a distruggere i raccolti e perfino a minacciare le persone, possono insorgere conflitti tra esseri umani e fauna selvatica. Qui le comunità locali ritengono necessario uccidere la fauna selvatica e si oppongono alle organizzazioni conservazioniste».
Le comunità rurali amazzoniche sono tra le più povere del mondo, ma convivono con la più alta biodiversità del pianeta. La loro principale fonte di reddito e di cibo è la coltivazione della manioca, che produce tuberi amidacei e che cresce bene anche nei terreni tropicali poco fertili.
Le osservazioni di Mark Abrahams
«Il nostro studio voleva scoprire come le comunità locali siano colpite dagli animali selvatici che mangiano i loro raccolti».
Lo studio rileva che gli impatti delle razzie notturne sul raccolto colpiscono gli agricoltori in tre modi.
- In media, gli agricoltori perdono più del 7% del raccolto di manioca ogni anno, con anche casi di alcuni piccoli agricoltori che perdono l’intero raccolto. Le piccole comunità lontane dalle città sono state le più colpite dai raid notturni delle colture.
- Gli agricoltori devono investire tempo ed energie nella protezione delle loro colture per evitare perdite molto più elevate.
- Poiché la manioca più dolce è anche la più appetibile, essa è anche la più vulnerabile alle incursioni. Perciò gli agricoltori sono costretti a piantarne di meno e a nasconderla tra le piante di manioca più amara, meno appetibile.
Nonostante questi forti impatti sulle proprie fonti di sostentamento, le comunità rurali non stanno tentando di spazzare via tutti gli animali selvatici che saccheggiano le colture. Vengono, infatti, adottati metodi di protezione non letali, quali la guardia con cani, il posizionamento di trappole e la recinzione dei campi.
Evitare il conflitto tra uomo e Natura
Traendo le conclusioni, il dottor Abrahams ha sottolineato: «Questo studio dimostra che i raid delle colture in Amazzonia non debbano necessariamente generare un conflitto tra uomo e Natura. I conservazionisti possono lavorare con le comunità locali per ottimizzare la gestione delle risorse naturali. Le specie vulnerabili, come le scimmie ragno (Atele), che non danneggiano i mezzi di sostentamento, potrebbero essere protette dalla caccia; mentre i razziatori comuni e dannosi, come la paca, potrebbero essere cacciati.
La conservazione della biodiversità e lo sviluppo rurale sono talvolta presentati come incompatibili. Tuttavia, nella regione che abbiamo studiato, sembra che la razzia delle colture non sia una barriera insormontabile per la conservazione della fauna selvatica».
Il professor Carlos Peres, autore dello studio della Scuola di scienze ambientali dell’UEA, ha affermato: «Coesistere fianco a fianco con la natura selvaggia spesso comporta un costo per gli agricoltori di sussistenza nelle aree tropicali, che invece contribuiscono a tutelare servizi ambientali che migliorano la vita di milioni di persone che vivono altrove. Questa asimmetria tra costi e benefici dovrebbe essere esplicitamente riconosciuta dalle politiche di sviluppo».
Lo studio “Perdite di manioca a causa dei vertebrati terrestri nell’Amazzonia brasiliana occidentale” è stato pubblicato sul Journal of Wildlife Management.
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