«Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte».
Con queste parole San Francesco d’Assisi proclama la sua ammirazione per il fuoco nel celebre Cantico delle Creature.
Il fuoco scalda e illumina. È principio creatore. Però fa anche paura. È un incubo ricorrente nella storia dell’umanità. Eppure senza di esso non saremmo progrediti. Di più, non saremmo umani. L’uomo si differenzia dall’animale solo a partire dal momento in cui diviene padrone del fuoco. Richard Wrangham, docente di Antropologia biologica a Harvard, spiega nel suo libro intitolato L’intelligenza del fuoco che è la cottura dei cibi ad averci resi uomini: «Noi esseri umani siamo le scimmie che sanno cucinare, le creature del fuoco».
Le fiamme che ardono hanno forgiato la nostra storia: dalle prime società agricole stanziali alla rivoluzione industriale. Pian piano il fuoco è uscito dai boschi ed è entrato nelle città. Per migliaia di anni e fino all’avvento dei combustibili fossili, il legno è stata la fonte primaria di energia per gli esseri umani. Ma in fondo, se ci pensiamo bene, anche il carbone trae origine dalla massa di alberi sepolti trasformatasi in milioni di anni.
Il fuoco è morte e vita insieme. «Quando l’ultimo fuoco si spegnerà, anche il tempo sarà finito», scrive Italo Calvino in Collezioni di sabbia. Per rafforzare il suo convincimento s’affidò alla battuta di un poeta: «Se un incendio stesse distruggendo la tua casa, qual è la cosa che t’affretteresti a portare via?». Jean Cocteau rispose: «Il fuoco».
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