Ecco due foto insolite, rare, di un piccolo crostaceo che pochi possono dire di aver visto così. L’incontro con questa specie – e in una situazione come quella cui si riferiscono le immagini – non è certo abituale per un subacqueo e il motivo risiede tutto nel nome di questo gambero chiamato Pontonia pinnophylax o gambero della pinna. La sua esistenza era nota già ai tempi di Aristotele, il quale credeva che – privata del suo gambero custode – la pinna sarebbe morta. La pinna in questione è la Pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo (ultima foto). Specie protetta, può raggiungere quasi un metro di altezza e ha una conchiglia a base appuntita, che penetra nel fondo a cui si ancora con tenaci filamenti di bisso, mentre la parte superiore si allarga come un triangolo arrotondato. Vive su fondi detritici o sabbiosi, in mezzo alle praterie di posidonia e, dopo essere stata depredata per decenni, ora sta ricostituendo popolazioni interessanti.
Il gambero qui fotografato vive al suo interno e per questo ha ricevuto il nome appropriato di pinnophylax, cioè di amico della pinna. Vederlo non è facile. Bisogna avvicinarsi con circospezione al bivalve e osservarlo all’interno (purtroppo solo dall’alto), magari illuminandolo lateralmente o con la luce radente di una torcia subacquea. Se si è fortunati, si può sperare di vedere il crostaceo vicino all’apertura della pinna, ma il più delle volte si rimarrà delusi perché la pinna tende a serrare le sue valve quando ci avviciniamo, rendendo impossibile osservare il suo interno e il suo ospite. Il gambero presenta un corpo depresso, ideale per muoversi all’interno del mollusco, di colore traslucido, azzurrino che lascia trasparire gli organi interni, tra il rosa e l’arancione, con sottili bande bianche che disegnano il profilo del corpo e formano dei quadrati più o meno completi sul carapace. Nella seconda foto, si osserva un esemplare femmina che si distingue non solo per le uova (carattere inconfondibile, ma transitorio), ma anche, e stabilmente, per le sue due chele asimmetriche (la destra è più grande). Dalle uova che qui vedete, tenute sotto l’addome, si svilupperanno larve planctoniche che, dopo una serie di mute, diventeranno piccoli pinnophylax solo se troveranno una pinna dove stabilirsi e vivere in perfetta simbiosi nutrendosi di muco e particelle di cibo raccolte sulla superficie del mantello del mollusco. I nostri gamberi non sono sempre presenti nelle pinne e le percentuali di ritrovamento variano: solo nel 20-50% dei casi e il più delle volte (63%) si tratta di soli maschi. Le coppie non sono certo la regola e tra i due sessi quello più grosso è quello femminile, le cui dimensioni (lunghezza massima 45 mm) sono correlate a quelle del mollusco ospite: più è grossa la pinna, più è grosso il pinnophylax che la abita. Queste percentuali lasciano supporre che le femmine siano stabilmente residenti nella pinna mentre i maschi, più agili, lascino il mollusco per raggiungerne uno vicino alla ricerca di una nuova compagna con cui accoppiarsi, col risultato che Domenico Rossigno è riuscito a mostrarci, attraverso un vero scoop fotografico.
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