Il 27 dicembre sono scaduti i termini per l’emanazione dei provvedimenti attuativi della norma di legge che doveva, nell’intenzione del legislatore, definitivamente chiudere un’epoca: quella in cui si potevano ancora impiegare gli animali negli spettacoli circensi. Fra molte promesse, poche reali proposte e un tardivo interessamento governativo si è arrivati quindi a dover ripartire da zero, a dover iniziare un nuovo iter legislativo che possa portare a questo risultato. Infatti, per una serie di disposizioni e di norme, il tempo per l’emanazione dei decreti di attuazione non può essere considerato come indicativo ma rappresenta una scadenza imperativa. E così il progressivo superamento dell’uso degli animali negli spettacoli è tornato a essere poco più di un progetto. Che pare però irreale poter realizzare con un governo in cui la Lega occupa un ruolo predominante, considerando che non c’è feeling con animalisti e ambientalisti. Non per una questione strettamente politica ma a causa delle posizioni e della vicinanza della Lega al mondo venatorio e a quello degli allevatori.
Così, nonostante la contrarietà della maggior parte dell’opinione pubblica, al momento continueranno non solo a essere usati gli animali sotto i tendoni dei circhi, ma anche a ricevere finanziamenti dello Stato. Il FUS (Fondo unico per lo spettacolo) ha previsto infatti 5 milioni di erogazioni a favore dei circhi per l’anno 2018. Una cifra importante in un paese che spesso non riesce a trovare nemmeno gli spiccioli per finanziare attività sociali e che voleva raddoppiare le imposte al Terzo Settore. Ipotesi poi rientrata, ma non ancora definitivamente cancellata con un provvedimento giuridico efficace.
Molti hanno cercato di spiegare questa mancata adozione dei provvedimenti, che peraltro avrebbero potuto essere attuati già al tempo dal governo di Paolo Gentiloni, con la difficoltà di sistemare gli animali dei circhi. In Italia infatti, nonostante le previsioni di legge, sono pochissime le strutture abilitate a essere centri autorizzati alla detenzione della fauna esotica: soltanto due. Una in Emilia Romagna (il Centro tutela e ricerca fauna esotica e selvatica di Monte Adone) e un’altra in Toscana, a Semproniano, vicino a Grosseto (Centro recupero animali selvatici ed esotici). Entrambi non in grado di ospitare un numero rilevante di animali in quanto si tratta di strutture private di piccole dimensioni, che certo non potrebbero far fronte all’ingresso di centinaia di esmplari.
Questo però, in realtà, è un finto problema: per legge gli animali sono equiparati alle cose e rappresentano quindi un bene dei titolari dei vari circhi, al momento non assoggettabile a confisca o simili. Ne consegue che la mancata autorizzazione al loro utilizzo negli spettacoli potrebbe, al massimo, comportare la vendita degli animali ad altri circhi. In alternativa, come ha dichiarato il presidente dell’Ente Nazionale Circhi Buccioni, i circhi potrebbero uscire dal nostro paese e andare in esilio verso nazioni con normative meno restrittive. Secondo l’ENC infatti ai centri autorizzati non verrebbe consegnato dai circensi “nemmeno un ratto”. Quindi il problema della loro sistemazione, agitato ai tempi anche dal ministro Dario Franceschini, sarebbe una finta questione, una sorta di coperta di Linus sotto la quale nascondere una volontà di non prendere posizione nei confronti del circo con animali.
Bisogna peraltro sottolineare che in questo momento non è nemmeno noto il numero degli animali esotici che sono legittimamente detenuti nei circhi. Non esiste infatti alcun provvedimento normativo che imponga ai circensi di dichiarare a una banca dati nazionale il numero degli esemplari in loro possesso. Vi è soltanto un obbligo di avere un registro di carico e scarico, da esibire in caso di controllo, ma solo cartaceo e con l’impossibilità di ottenere, evidentemente, dati aggregati. In tutto questo tempo a nessuno è mai venuto in mente di realizzare una disposizione che consentisse un censimento, sia per meglio comprendere le dimensioni del problema, sia per operare migliori e più efficaci controlli.
Nonostante la Commissione scientifica CITES sin dai primi anni duemila abbia sancito che nessun circo sia definibile come una struttura idonea alla detenzione di animali di molte specie quali grandi felini, elefanti, orsi, giraffe, rapaci e altri ancora. Ma nonostante questo e le caratteristiche insite proprio nell’attività circense, costretta a continui spostamenti, nessuno ha pensato di voler conoscere di quanti e quali animali si stesse parlando. Nemmeno sotto il profilo della sicurezza pubblica, stante che i circhi possono essere autorizzati a detenere animali pericolosi, così indicati in un decreto di attuazione della legge 150/92, che ha recepito nel nostro paese la Convenzione di Washington sul commercio delle specie animali e vegetali minacciate da estinzione.
Ai circhi sono consentite condizioni di detenzione degli animali che per direttiva europea e per legge nazionale sono vietate nei giardini zoologici, consentendo quindi una concreta diminuzione delle garanzie minime per il loro benessere in cattività. Per risolvere la questione bisognerà attendere tempi migliori, per gli animali ma anche per la maggioranza degli italiani che non vorrebbero più vederli prigionieri dentro i carrozzoni dei circhi.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com