In molti lo chiamano il “piccolo Tibet d’Italia”, citando Fosco Maraini, scrittore poeta e alpinista che amava molto questi luoghi. Basta percorrere, anche in automobile, la grande piana di Campo Imperatore per capire subito il perché: lo sguardo si perde su una distesa di pascoli senza fine che si allargano alla base della vetta del Corno Grande.
Sui lati, quasi a incorniciare il paesaggio, si stendono morbidi rilievi rivestiti d’erba e del tutto privi di alberi. Per le montagne italiane, con le valli strette e boscate di Alpi e Appennini, questo è un paesaggio del tutto anomalo, unico e spettacolare, che fa subito pensare ai grandi spazi dell’Asia Centrale, fatti di distese erbose sterminate, circondate dai monti più alti della Terra.
Un mondo a parte incastonato negli Appennini
L’altopiano di Campo Imperatore, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, si estende per quasi 20 chilometri tra i 1.500 e i 1.900 metri di altitudine a sud-est del Corno Grande.
In effetti, si presenta come un mondo a parte nel contesto della catena degli Appennini, un mare verde o giallo, secondo le stagioni, attraversato dalle trame grigie e rocciose dei torrenti stagionali. La grande distesa, movimentata da collinette, dossi e avvallamenti, e punteggiata dai ginepri schiacciati a terra dal vento e dalla neve invernale, diventa nella buona stagione il pascolo di piccoli gruppi di cavalli, vacche e pecore.
Nelle giornate più serene è un luogo suggestivo che si attraversa facilmente in auto, a piedi o in bicicletta, fermandosi dove piace di più. Il manto erboso attira un gran numero di uccelli degli spazi aperti, come spioncelli e culbianchi, mentre poiane e gheppi cacciano lungo il fianco dei rilievi.
Le farfalle diurne, particolarmente numerose a luglio, contano nell’area più di 30 specie, tra cui la grande apollo (Parnassius apollo) e l’arancione Lycaena virgaurae, oltre a un gran numero di cavallette di alta montagna, che sono la preda della rara vipera dell’Ursini.
Sul ghiacciaio più meridionale d’Europa
Il profilo alto e grigio del Corno Grande è visibile quasi da ogni angolo della piana sottostante. Anche perché si tratta della montagna dei primati in Appennino, con la vetta che, con i suoi 2.912 metri di altitudine, è la più alta tra quelle presenti nel Centro e Sud Italia.
Le sue “vicine”, il Corno Piccolo e il Pizzo Intermesoli, non sono da meno e superano ampiamente i 2.500 metri mentre, poco più a nord, si trova il ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d’Europa.
Si parte dall’hotel di Campo Imperatore
Raggiungere la vetta del Corno Grande non è difficile se si percorre la cosiddetta “via normale”, ma richiede comunque circa 4 ore.
Dal celebre Hotel Campo Imperatore (2.130 metri di altitudine), dove Benito Mussolini venne tenuto prigioniero e poi liberato dai tedeschi nel 1943, si sale serpeggiando fino al rifugio Duca degli Abruzzi (a 2.231 metri), per poi attraversare il lieve pendio di Campo Pericoli.
Qui, tra l’erba e le rocce affioranti, si trovano alcuni dei fiori di montagna più belli e significativi di tutto il Centro Italia, mentre in alto volteggiano piccole formazioni di rumorosi gracchi alpini, dal caratteristico becco giallo.
In cima a quasi 3.000 metri
Il sentiero sale lungo un ripido versante di roccia calcarea di un bianco abbagliante (anche questo interessante per la flora più specializzata), fino ad arrivare alle spalle del rilievo, alla Sella del Brecciaio (2.506 metri). Da qui manca solo il tratto finale, che attraversa il surreale paesaggio pietroso della Conca degli Invalidi, per poi inerpicarsi fino alla cima.
Dalla vetta occidentale, protesa verso Campo Imperatore, si gode di una visione d’insieme su tutta la valle, che da qui sembra ancora più spettacolare. Verrebbe da fermarsi a lungo, cercando i camosci con il binocolo e seguendo le evoluzioni dei gracchi alpini, che sfiorano in volo le pareti di roccia.
Invece le nuvole che si formano regolarmente attorno al Corno Grande nel pomeriggio ricordano che bisogna tornare, percorrendo a ritroso la stessa via.
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