Aumenta il numero degli amministratori locali che si oppongono all’installazione delle antenne telefoniche a supporto della nuova tecnologia 5G, il famoso, superveloce “Internet delle cose”, traduzione di IoT, Internet of Things.
Sono ormai 500 i sindaci dei comuni italiani che hanno sin qui emesso delibere cautelative o ordinanze contrarie (in circa 330 casi) per bloccare l’installazione dei nuovi ripetitori sul proprio territorio comunale (fonte: Alleanza Italiana 5G).
A queste vanno aggiunte le delibere contrarie delle regioni Marche, Toscana e di una Comunità Montana (l’Unione Montana dei Monti Azzurri – Macerata, composta da 15 Comuni).
Il Principio di Precauzione
Queste iniziative sono basate sul principio di precauzione, che può essere invocato di fronte a possibili pericoli per la salute umana, animale e vegetale, dal momento in cui i dati scientifici non sono in grado di fornire una valutazione completa del rischio.
Compito che spetta alle grandi imprese telefoniche costruttrici e installatrici che dovrebbero dimostrare, scientificamente, che le emissioni di onde elettromagnetiche prodotte dalle nuove tecnologie sono innocue nei confronti dell’uomo e degli altri esseri viventi. Una “prova” che a oggi manca.
Già nel 2017 sono state presentate da ricercatori italiani indipendenti due richieste ufficiali alle istituzioni, una all’Unione Europea (5G Appeal 2017; Isde International – International Society of Doctors for the Environment) e un’altra al governo italiano (Isde Italia – Associazione Italiana Medici per l’Ambiente 2017), per bloccare l’implementazione del 5G finché non si avranno resoconti scientifici attendibili.
Alcune delle più ricorrenti conclusioni scientifiche al centro del dibattito:
- I campi elettromagnetici artificiali, sia di bassa (ELF), sia di alta frequenza (RF), a differenza di quelli naturali, sono polarizzati. Per queste ragioni si afferma che sono in grado di determinare numerosi effetti biologici inclusi danni al Dna, morte cellulare, cancro. Per dimostrare ciò, alla ORSAA (Oceania Radiofrequency Scientific Advisory Association), un’organizzazione scientifica indipendente di scienziati volontari australiani, hanno creato il più grande database online categorizzato al mondo di studi peer-reviewed (ovvero controllati da soggetti esterni, per garantire maggiore attendibilità) su radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza e altri campi elettromagnetici artificiali a bassa frequenza. Si tratta di una valutazione di 2.266 studi – inclusi quelli in vitro e in vivo su sistemi sperimentali umani, animali, vegetali e studi sulla popolazione – che hanno dimostrato, nel 68,22% dei casi indagati, significativi effetti biologici o sulla salute dall’esposizione a campi elettromagnetici antropogenici.
- Le radiofrequenze possono essere dannose per gli organismi viventi a livelli di esposizione di gran lunga inferiori ai limiti di legge. Numerosi studi scientifici peer reviewed evidenziano, come già detto, rischio di tumori, danni al Dna, ma anche disturbi neurologici, alterazioni cardiache e del sistema riproduttivo, cambiamenti ormonali, elettrosensibilità, deficit di apprendimento e memoria, disturbi comportamentali (BioInitiative 2012-2019 e Vivere in modo naturale).
- Nel 2018 due importanti studi sperimentali (US government research programme NTP- National Toxicology Program; Ist. Ramazzini: “Resoconto dei risultati finali riguardanti i tumori del cervello e del cuore in ratti Sprague-Dawley esposti dalla vita prenatale alla morte spontanea a campi elettromagnetici a radiofrequenza, equivalenti alle emissioni ambientali di un ripetitore da 1.8 GHz”) hanno correlato l’esposizione alle RF con l’insorgenza di tumori al cuore e al cervello rafforzando i dati epidemiologici presenti in letteratura.
- Nel 2019 la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha inserito tra le alte priorità del prossimo periodo (2020-2024) la riclassificazione delle RF in base ai dati epidemiologici e sperimentali. Già nel 2011 la stessa IARC – attraverso un proprio Gruppo di Lavoro formato da 31 esperti provenienti da 14 Paesi – aveva classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF) nel Gruppo 2B, ovvero come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”.
I tagli degli alberi
Tra gli altri temi scottanti legati all’irraggiamento di nuovi campi elettromagnetici, va aggiunto che in numerose città si segnalano estesi e apparentemente poco motivati tagli di alberi che, risulta, in molti casi interferirebbero con i segnali delle nuove antenne…
Sino ad ora questi tagli di alberi sani, che hanno provocato l’ira di molti cittadini, sono stati giustificati con altre motivazioni – tra cui quella che ostacolavano i tracciati di nuove piste ciclabili, come nel caso del taglio di 33 platani, quasi secolari, in comune di Jerago con Orago, nel varesotto), ma il dubbio che dietro vi siano anche altri motivi rimane.
Firenze e i piccoli comuni
Insomma, i punti critici sono ancora molti, la situazione è in costante evoluzione e se prevalesse il buon senso sarebbe normale attendere l’esito di indagini più approfondite prima di installare ripetitori e small cells (piccole antenne) sui lampioni stradali.
Un processo, questo, che sembra inarrestabile soprattutto nelle grandi metropoli, da New York ad alcune grandi città italiane, come Roma. Mentre sono voci fuori dal coro quelle della Svizzera, di Bruxelles e, in Italia, di Firenze, ma soprattutto di centri medi e piccoli, tra cui numerosi di importanza turistica: Cogne, Gallipoli in Puglia, Sirolo, la perla del Conero e poi Varazze, Bordighera, Finale Ligure, Arenzano, Riccione, Capri e Anacapri, Brunico, Asolo, Burano e Murano in laguna di Venezia…
Insomma, anche grazie al caparbio lavoro di varie associazioni no-profit, serpeggia una crescente richiesta di chiarezza. Soprattutto a partire dal basso, dagli amministratori dei comuni minori, preoccupati per la salute dei cittadini e del territorio.