Ci indigniamo e ci mobilitiamo contro la caccia di frodo in Africa, che ogni giorno mette a rischio la sopravvivenza della fauna selvatica. Ma anche nel nostro Paese il fenomeno è tutt’altro che marginale e colpisce soprattutto le aree protette. Ecco due esempi recenti, che sono solo la punta dell’iceberg e fanno comprendere il giro di interessi economici che si nasconde dietro all’incivile fenomeno, che assume quindi tutti i connotati dell’attività criminale di stampo mafioso.
Campania: animali in trappola
Il Corpo Forestale ha portato alla luce un crimine perpetrato a danno di specie a rischio di estinzione, che nasconde rilevanti interessi economici. Nella provincia di Caserta, ha scoperto un giro da 9 milioni di euro incentrato attorno al bracconaggio col metodo delle “vasche”. Si tratta di laghetti artificiali, circa un centinaio solo nel casertano, costruiti appositamente e abusivamente per attrarre gli animali. In prossimità di ciascuna vasca, un bunker sotterraneo permetteva ai bracconieri di nascondersi e cacciare in periodi e luoghi non consentiti, anche specie protette. Sono state denunciate 24 persone e sequestrati 22 fucili.
Zone protette a rischio nel foggiano
La presenza di boschi e di aree umide costiere, siti di sosta e nidificazione di avifauna stanziale e migratoria, rendono il territorio foggiano ricco di fauna e, spesso, meta di cacciatori provenienti anche da altre provincie e altre regioni. Il fenomeno del bracconaggio ha, purtroppo, un’elevata frequenza nelle aree protette e soprattutto nel Parco nazionale del Gargano.
Il NOA, il Nucleo Operativo Antibracconaggio, grazie a servizi mirati nel territorio del subappennino, nel nord del tavoliere e nelle aree garganiche, nel corso della stagione venatoria 2014-2015 ha deferito all’Autorità Giudiziaria 73 persone che hanno violato, a vario titolo, le disposizioni Normative, in particolare per aver esercitato l’attività venatoria con mezzi non consentiti, per aver abbattuto selvaggina non inserita nel calendario venatorio della Regione Puglia o per aver cacciato in aree protette.
Durante i servizi disposti sono stati sequestrati 66 fucili da caccia oltre a trappole per la selvaggina, 52 reti per l’uccellagione e 31 richiami acustici vietati.
Chiusa la stagione della caccia, inizia il bracconaggio in deroga a qualsiasi regola e in disprezzo dell’ambiente e del territorio.
di Luca Serafini
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