E così la scienza, o meglio quella branca delle scienze naturali che prende il nome di tassonomia e che ha il compito di attribuire un nome scientifico ad ogni specie, alla fine ha dato ragione a quanti chiamavano manta la mobula del Mediterraneo (Mobula mobular) – nella Lista rossa IUCN delle specie minacciate –, attirandosi ogni volta le rampogne degli esperti. Da alcuni anni, infatti, il genere Manta è stato sostituito dal genere Mobula cosicché attualmente negli oceani del mondo nuotano la Mobula alfredi o manta del reef e la Mobula birostris o manta oceanica. Tutto ciò, ovviamente, non ha invalidato quello che si sapeva di questi affascinanti giganti che del volo nell’acqua hanno fatto la loro specialità.
Quando si incontrano le mante, la prima cosa che colpisce gli osservatori insieme alle dimensioni è la grazia del loro nuoto. Il battito lento delle grandi pinne pettorali non può non richiamare alla mente il volo dei grandi uccelli mentre le acrobazie acquatiche delle mante trovano più facilmente un corrispettivo nel linguaggio tecnico dei piloti d’aereo.
Come descrivere altrimenti la capacità di questi parenti degli squali di eseguire cabrate, picchiate, looping che a volte sembrano non avere una reale motivazione, ma essere un puro divertimento. Come quando passano sopra le bolle emesse dagli erogatori dei subacquei per godere, si dice, dell’effetto jacuzzi.
In questi loro giochi e voli, riveste un ruolo importante il loro cervello che ha rivelato alcune affinità con quello dei mammiferi inducendo alcuni studiosi a pensare che le mante abbiano una loro forma di intelligenza almeno nella misura in cui si dimostrano curiose e sociali.
Un altro mistero in via di risoluzione è poi quello dei lobi cefalici, le famose “corna” che hanno fatto attribuire alle mante il nome di “diavoli del mare”. Quando nuota velocemente, la manta li tiene arrotolati per fendere meglio l’acqua mentre, quando caccia, li apre e li piega formando una sorta di imbuto che convoglia acqua e plancton verso la bocca. Ulteriori studi sul cambiamento di forma delle “corna” inducono a pensare che non siano appendici indipendenti, ma che si tratti molto probabilmente di una modificazione della parte anteriore delle pinne pettorali in grado di agire in sincrono con queste ultime migliorando il controllo dei movimenti.
Altre osservazioni e ricerche sembrano poi indicare che i lobi cefalici potrebbero avere qualche ruolo sensoriale e forse di comunicazione. In presenza di loro simili o anche di subacquei, le mante modificano la forma dei lobi cefalici, muovendoli avanti e indietro come se stessero scansionando i dintorni o volessero lanciare dei segnali con un codice che, forse, funziona come quello delle bandierine e questo senza contare il fatto che essi sono sensibili strumenti per valutare la densità del plancton e decidere se vale la pena di impegnarsi nella caccia oppure no.
Perciò la prossima volta che incontrate una manta e la vedete muovere un lobo cefalico fate ciao con la mano. Può essere che anche lei vi stia salutando.
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