Un nuovo paradosso si sta palesando in questa strana epoca di confine e di grandi cambiamenti, dove tutto è sfumato e labile, quasi poroso, e dove sembra di assistere in diretta ad un processo di speciazione che interessa direttamente l’Homo (cosiddetto) sapiens.
Una sorta di grande forbice culturale, con una parte dell’Umanità sempre più cosciente e sensibile ai problemi globali del Pianeta ed anche a quelli delle specie non umane, ed un’altra parte dell’Umanità (in apparenza la maggioranza) sempre più distaccata, egoista, indifferente anche agli eventi più drammatici.
Come scriveva quel filosofo poco noto chiamato lo Pseudorufino attorno all’anno 1100, “l’Umanità da sempre va avanti grazie a pochi”, ma oggi sono invece i molti, quelli che fanno rumore e tendenza, ad evidenziare appunto una serie di processi che interessano anche il rapporto con la natura. Un rapporto che appare sempre più lontano, indiretto, virtuale. Poco vissuto sul piano esperienziale e per questo anche sempre meno cercato. L’Uomo ha sempre e comunque ancora bisogno di Natura, del suo contatto, ma sembra che tale consapevolezza sia per molti passata in secondo o terzo piano. Compreso per parecchi di quelli che in apparenza si occupano, per ruolo o per mestiere, di ecologia.
Ecologia in gabbie artificiali
Ecologia deriva, come noto, da Oikos che significa casa; ma quanta natura vera c’è ancora nelle nostre case, attorno ad esse o anche nelle nostre giornate? La maggior parte degli italiani vive ormai nelle città, dove si stima che trascorriamo il 90% del nostro tempo al chiuso e in ambienti artificiali. Certo esistono per fortuna ancora numerose eccezioni e determinate categorie non possono non svolgere le loro attività all’aria aperta, ma sono sempre più marginali, anche dal punto di vista della considerazione sociale. In tal senso “vale” di più un farmacista o un contadino? Un naturalista o un avvocato? Un agronomo o un commercialista?
E quanti docenti di Scienze di scuole superiori o universitari di Ecologia, magari dopo essere divenuti professori Associati o Ordinari, vanno ancora con regolarità sul campo, passando invece la maggior parte del loro tempo dietro ad un computer o a montagne di scartoffie burocratiche?
E allora, un po’ provocatoriamente (ma non troppo), mi viene da dire che, forse per la prima volta nella storia dell’Uomo, siamo di fronte ad un Ecologia senza Natura, o dove la Natura “naturale”, quella vera che fa fare fatica, che sporca, che a volte può anche essere pericolosa sta diventando per molti un optional. Soprattutto per i più giovani, ormai sempre più immersi nelle loro protesi virtuali da 3-4-5G.
A questo punto inevitabilmente mi viene alla mente quello che diceva Albert Einstein, considerato ancora oggi il genio per eccellenza (tanto che anche i ragazzi portano ancora il suo scapigliato faccione sulle felpe) “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.
Forse non ci siamo ancora, ma l’impressione è che ci siamo davvero molto vicini.
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