In California, a causa della piromania e del clima sempre più arido, caldo e secco, gli incendi sono diventati devastanti e molte specie sono in declino.
Di fronte a questa emergenza diventata costante la scienza cerca soluzioni per ripristinare le aree forestali e salvaguardare la fauna selvatica.
Uno studio pubblicato su Ornithological Applications descrive un nuovo sistema per la gestione degli ambiti forestali che si avvale dell’aiuto di un uccello, il picchio dorsonero (Picoides arcticus), che predilige nidificare nelle aree interessate dal fuoco a bassa intensità, dove gli alberi forniscono ancora copertura, ma adiacenti alle zone più gravemente incendiate, dove vanno a caccia di larve di insetti. Come quelle di alcuni coleotteri xilofagi, che si nutrono del legno in decomposizione, e che dopo gli incendi colonizzano rapidamente gli alberi morti e morenti.
L’abbondanza del picchio dorsonero raggiunge in genere un picco entro 5 anni dall’incendio, seguito da un brusco calo con il deterioramento dei tronchi.
Uno degli autori di questo studio, Andrew Stillman, che lavora per il Cornell Atkinson Center for Sustainability e il Cornell Lab of Ornithology, spiega: «Gli uccelli si comportano molto bene in paesaggi che sono “pirodiversi”, ovvero aree in cui il fuoco crea zone bruciate disomogenee ad alta, media e bassa severità». Ciascuna area può dar vita a un habitat funzionale a una determinata specie, come il picchio dorsonero. «Purtroppo – spiega Stillman – ci aspettiamo che la pirodiversità diminuisca: ogni anno vediamo un maggior numero di “mega-incendi” abbastanza omogenei».
La pianificazione post incendio
Dopo un incendio sovente si creano zone con diversi gradi d’intensità di distruzione e i gestori forestali della California stanno provando a seguire alcune indicazioni fornire dai picchi per guidare la loro pianificazione post-incendio.
«Infatti – spiegano i ricercatori –, le azioni di gestione possono potenzialmente ridurre le popolazioni di specie associate agli incendi. Le informazioni sui fattori che influenzano la selezione dei siti di nidificazione e il successo dei nidi, così come le informazioni descrittive sui tempi delle attività riproduttive, possono aiutare i gestori a ridurre i conflitti tra gli obiettivi legati alla fauna selvatica e le altre esigenze di gestione».
I ricercatori hanno, perciò, sviluppato un sistema per calcolare la potenziale abbondanza di picchi dal dorso nero dopo un incendio.
«Lo strumento che abbiamo creato utilizza i dati di 11 anni di monitoraggi per prevedere dove trovare il maggior numero di picchi dopo un incendio» spiega Stillman. «Gli uccelli si trasferiscono in quelle aree per approfittare di un boom di succose larve di coleottero che trovano negli alberi bruciati». Il software messo a punto utilizza molti livelli di informazioni, a partire dal livello di gravità dei danni provocati dall’incendio ottenuti dal satellite utili anche per valutare la quantità di copertura forestale andata persa. Sono integrati anche altri set di dati sulle aree colonizzate dal picchio, il tipo di vegetazione, la latitudine, la longitudine, l’altitudine, gli anni trascorsi dall’incendio e altro ancora.
«Una foresta bruciata è un ecosistema unico, incredibile e complicato che esplode di nuova vita» spiega Stillman. All’inizio pensi che tutto sia morto. Il terreno è cenere. Gli alberi sono neri. Ma quando inizi a camminare, scopri che il posto è vivo. Non è morto, è solo cambiato».
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