Il Ministero della Transizione Ecologica ha fatto proprio il progetto di ripristino del Po e l’ha inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui è il progetto di ripristino ambientale più significativo e strategico, frutto di un rapporto consolidato tra il mondo ambientalista e quello delle imprese.
Si tratta del Progetto per la rinaturazione del Po, il più grande fiume italiano, elaborato da WWF Italia e da ANEPLA (Associazione Nazionale Estrattori Produttori Lapidei Affini di Confindustria) e condiviso e integrato con la collaborazione dell’Autorità di Bacino distrettuale del Po e di AIPo (Agenzia Interregionale per il Po), che riunisce le Regioni attraversate dal fiume, economicamente le più dinamiche del Nord Italia.
La strategia europea per la biodiversità
Intervenire per il ripristino del Po non solo risponde alle indicazioni della “Strategia europea per la biodiversità”, che chiede di intervenire sui 25 mila chilometri dei fiumi europei per ripristinare le pianure alluvionali e le zone umide, ma costituisce anche una formidabile occasione di sviluppo per un territorio complesso come quello padano, dimostrando come sia possibile coniugare le priorità ambientali e un uso sostenibile delle risorse con le esigenze di chi in quest’area vive e lavora.
Il progetto, che interessa una vasta fascia fluviale estesa per oltre 32mila ettari dalla provincia di Pavia a quella di Rovigo, consente di integrare e implementare gli obiettivi di sviluppo sostenibile avviati in quest’area dai due MAB-Man and Biosphere Unesco presenti, “Po Grande” e “Delta Po”, e può essere inoltre facilmente replicato lungo tutti i principali fiumi italiani.
Una grande opportunità
Tra i principali obiettivi ci sono il ripristino delle zone umide perifluviali, il miglioramento delle condizioni di sicurezza idraulica e il recupero del corridoio ecologico rappresentato dall’alveo del fiume e dalla fascia perifluviale attraverso una diffusa azione di rinaturazione dei diversi ambienti: greti, isole, sabbioni, boschi ripariali, lanche e bodri.
L’investimento previsto di 360 milioni di euro sarà quindi impiegato per ripristinare e riattivare i rami laterali del fiume e le lanche, per ridurre i pennelli di navigazione, per riforestare con specie autoctone la fascia fluviale, per contenere ed eradicare specie vegetali alloctone invasive.
«Una grande sfida e un’enorme opportunità per la riqualificazione del nostro più importante fiume – come la definisce Irene Priolo, presidente di AIPo e Assessore all’Ambiente e difesa del suolo della Regione Emilia Romagna – in grado di coniugare biodiversità, bellezza paesaggistica, turismo e mobilità sostenibile».
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