La cernia bruna rappresenta, da anni, il trait d’union tra l’uomo e il mar Mediterraneo.
Un pesce simbolo di un rapporto che muta, come la sua “nuvolosa” livrea, con il passare del tempo e l’evolversi della nostra consapevolezza.
Negli anni ’50, agli albori della subacquea, i primi pescatori subacquei sportivi iniziarono ad esplorare il “mondo del silenzio”. Fino al 1965 la pratica di pesca con bombole e fucile era consentita.
Le cernie brune, che possono vivere fino a 50 anni, raggiungere i 150 cm e 90 kg di peso, diventarono la preda più desiderata dal subacqueo dedito alla pesca in tana.
Stanziale, longeva, lenta nel raggiungere la maturità sessuale, la cernia è un ermafrodita proteroginico: nasce femmina e diventa maschio, all’occorrenza, dopo i 12 anni.
Le cernie di grandi dimensioni sono spesso individui maschi e sono tra le prede più ambite dai pescatori subacquei. La cattura di individui maschi ha alterato il processo di riproduzione delle popolazioni costiere di E.Marginatus.
Per le sue ottime carni, la cernia ha assunto anche un importante valore per la pesca commerciale, ed è stata oggetto di pesca intensiva. Alla fine degli anni’90, a causa dell’eccessivo sfruttamento commerciale, dell’aumento dell’inquinamento, e per il complesso processo di riproduzione, le popolazioni di cernie lungo le coste del Mediterraneo sono diventate sempre più rare.
Nel 1995 la specie viene inclusa nel protocollo sulle “Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo” della “Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo” (Convenzione di Barcellona). Dal 2004 compare tra le specie a rischio della Red List dell’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura).
Alla fine degli anni ’80 sono state istituite le prime aree marine protette in Italia, inizia un’epoca segnata da una nuova coscienza ambientale, si comprende che le risorse sono esauribili e che la biodiversità è una ricchezza da tutelare.
L’eco turismo ha dimostrato che la natura genera benefici economici enormi, le aree marine protette attraggono migliaia di subacquei ogni anno. Per la sua longevità, per le imponenti dimensioni che raggiunge e per la curiosità nei confronti dei subacquei, la cernia ha un valore ben maggiore se sfruttata come risorsa turistica piuttosto che come risorsa alimentare.
Grazie alle misure di protezione, alle legislazioni sulla pesca e al lieve aumento di temperatura del Mediterraneo, le cernie sono tornate a ripopolare le coste del mediterraneo occidentale, intensificando la loro presenza nelle zone protette.
Il video, girato nell’AMP di Tavolara, ha come protagonista un esemplare di E. Marginatus, che ha appena catturato una malcapitata preda, forse un sarago o un tordo, e banchetta alla luce del sole, davanti alla videocamera. Oggi i subacquei hanno la possibilità di immergersi nel mare nostrum, e osservare il pesce simbolo dell’effetto riserva, la cernia bruna, che da ambita preda è tornata ad essere predatore, ripopolando un ambiente dove l’uomo è un curioso spettatore, e l’unica arma di cui si dota è l’obiettivo fotografico. Ma, oltre il bacino mediterrano, la situazione degli stock globali non è positiva: secondo l’IUCN, l’intera popolazione mondiale delle cernie, a causa dell’eccessivo sfruttamento da parte della pesca industriale, è significativamente in declino negli ultimi anni.
Clelia Michelini
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