Per proteggere e ripristinare la biodiversità degli ecosistemi marini è necessario un approfondito monitoraggio scientifico. Per esempio, la progressiva scomparsa di specifiche e prioritarie specie come la sardina Alosa fallax, e la Pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, è infatti in qualche modo legata al diffondersi di specie aliene, come il pericoloso (per la biodiversità) granchio blu reale (Callinectes sapidus).
Indagine nel blu
Dopo il successo della campagna di citizen science “BioBlitz Blu 2020”, che rilevò per la prima volta, lungo la costa pontina, la presenza del Callictenes sapidus, è ora partito il progetto “INBLU – INdagine nel BLU”.
Le azioni di monitoraggio scientifico della biodiversità marina si focalizzeranno in due specifiche aree della costa laziale pontina, un sito Rete Natura 2000 (Fondali tra Capo Portiere e Lago di Caprolace) e uno specifico tratto di scogliera presso Torre Paola.
Il coordinatore del gruppo di lavoro, Fabio Collepardo Coccia, spiega l’obiettivo del progetto: «Andremo a verificare innanzitutto le criticità rilevate durante il progetto “BioBlitz Blu2020”, ossia lo stato di conservazione della prateria di Posidonia oceanica e la presenza delle specie caratterizzanti il sito come Pinna nobilis e Alosa fallax. La ricerca scientifica mira anche a studiare il ciclo biologico in ambiente mediterraneo della specie aliena Callinectes sapidus, l’ormai sempre più diffuso granchio blu americano, rinvenuto in deposizione proprio nell’area di Rio Martino, durante la realizzazione del precedente progetto».
La precisa conoscenza del ciclo vitale nel Mediterraneo del granchio blu americano potrà contribuire a pianificare le misure di contenimento e di gestione di questa nuova specie aliena.
Educare la comunità a un utilizzo sostenibile delle risorse
Il progetto, che si concluderà a giugno del prossimo anno, prevede anche una terza, fondamentale azione, oltre le due di monitoraggio scientifico: quella di sensibilizzazione e di coinvolgimento dei pescatori e della comunità per accrescere l’attenzione di tutti verso un utilizzo sostenibile delle risorse del mare.
Sono state individuate, infatti, alcune criticità relative al Polichete Sabellaria alveolata, un piccolo verme marino comunemente chiamato verme nido d’ape per via della sua capacità di erigere biocostruzioni costituite da tubi formati da sabbia e bioclasti agglutinati da un muco organico e caratterizzate da un aspetto alveolare.
Le biocostruzioni di sabbia realizzate dal Polichete Sabellaria alveolata sono state rilevate lungo tutto il tratto di costa tra Rio Martino e Torre Paola e rappresentano zone di rifugio e di temporanea permanenza per molteplici creature marine in diverse fasi di sviluppo.
Alcuni sprovveduti pescatori amatoriali hanno staccato interi pezzi di questi fragili reef per utilizzare l’invertebrato come esca.
Il progetto FEAMP “𝐈𝐍𝐁𝐋𝐔 – 𝐈𝐍𝐝𝐚𝐠𝐢𝐧𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐁𝐋𝐔”, vincitore di un bando della Regione Lazio, è gestito dal CURSA – Consorzio Universitario per la Ricerca Socioeconomica e per l’Ambiente in collaborazione con il Parco Nazionale del Circeo, il Reparto Biodiversità dei Carabinieri Forestali di Sabaudia e l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.