La fotografia digitale ha rappresentato una vera rivoluzione del settore, soprattutto tra i professionisti e da circa 10 anni è arrivata alla portata di tutti attraverso gli smartphone. Oggi sembra di assistere agli albori di una nuova era: l’intelligenza artificiale. Quando si parla di IA in ambito fotografico si fa comunemente riferimento a particolari software recentemente immessi sul mercato, in grado di selezionare e modificare immagini esistenti o addirittura crearne di nuove, totalmente inedite di soggetti totalmente inventati. In base alla descrizione di ciò che desideriamo rappresentare è possibile creare paesaggi naturali e urbani, nature morte, animali e addirittura volti umani di persone inesistenti. Quanto più è precisa la descrizione tanto più dettagliata sarà l’immagine finale. C’è chi vede infinite possibilità di applicazione e chi invece guarda questa nuova tecnologia con estrema diffidenza e preoccupazione.
Una volta ricevute le direttive, il software inizia un processo di ricerca e selezione di immagini, da un archivio pressoché infinito, da cui “prendere spunto” per generare un’immagine nuova, diversa da qualunque altra, partorita dalla “fantasia” di un calcolatore a seguito di un raffinato lavoro di copia/reinventa/incolla. I primi risultati che vengono pubblicati sono a tratti stupefacenti ed è lecito immaginare che una tecnologia così giovane abbia un ampio margine di miglioramento al punto da domandarsi che impatto avrà sul mondo della fotografia.
Gli interrogativi, soprattutto di natura etica, sono tanti e motivati. Cosa succederà quando dal divano di casa nostra potremo creare velocemente immagini nuove, uniche e visivamente perfette di soggetti inesistenti ma molto credibili?
Non c’è il rischio che alcuni settori come quello della moda e della pubblicità vengano rivoluzionati mandando in pensione molti grafici e fotografi professionisti? In che modo l’informazione potrà essere plasmata attraverso immagini artificiali?
E cosa succederà al mondo della fotografia naturalistica, già testimone di famosissimi falsi d’autore realizzati al solo scopo di affermarsi in un concorso a premi?
È bene fare un passo indietro. Per definizione da wikipedia: «La fotocamera propriamente macchina da presa fotografica e colloquialmente macchina fotografica, è uno strumento ottico idoneo alla ripresa fotografica e la resa di immagini di oggetti reali».
Oggetti reali. Scene reali.
A questo punto dovremmo riflettere sul ruolo da dare alla fotografia e sulla distinzione da fare con le immagini, almeno per quanto riguarda l’ambito naturalistico. Una prima regola da osservare sarebbe dichiarare il metodo di realizzazione del contenuto: fotografico o computazionale? Fotografia o immagine artificiale?
Un dibattito molto simile a quello che si innesca parlando dei fotomontaggi, e anche in questo caso non sempre ci appare facile individuare un “tarocco”, soprattutto se ben confezionato. E che dire di quei casi in cui la fotografia era assolutamente autentica, ma il soggetto era stato fisicamente spostato fuori dal suo contesto naturale, o peggio ancora il soggetto era tassidermizzato?
Ancora una volta il fulcro del discorso si sposta verso un interrogativo di tipo etico: l’onestà intellettuale dell’autore di raccontare il vero. Il problema, quindi, non è tanto lo strumento ma l’utilizzo che se ne fa e le intenzioni che muovono l’utente.
Allora forse dovremmo pensare di diventare più esigenti e mettere in dubbio fin da subito la veridicità di alcune fotografie? Sicuramente chi si occupa di divulgazione scientifica, editoria e concorsi, dovrà accertarsi di avere a che fare con del materiale autentico, affinché la fotografia intesa come documento non venga privata del suo valore. Una cosa possibile grazie alle informazioni impresse nel file nativo (raw o jpg) dallo strumento utilizzato, che comunque non rappresenta la soluzione definitiva.
E con i social network come la mettiamo? Quanto diventerà difficile distinguere il falso dal vero? Quanto dovremo diffidare dei contenuti condivisi nell’oceano digitale?
Beh, forse, quando tutti ci renderemo conto di navigare in un marasma di immagini bomba, di foto dopate, di effetto wow, di filtri brillanti, di scene coloratissime, nitidissime, fighissime… Forse ci riapproprieremo della fotografia nella sua forma più intima, personale ed essenziale possibile: un frammento di presente che ci sfugge tra le dita e diventa immediatamente passato. Riinizieremo ad apprezzare la fotografia come una forma di interazione con la realtà, una forma di comunicazione e documentazione. Le fotografie che stamperemo o archivieremo andranno a costituire un mosaico di istantanee che viaggeranno nel tempo in diverse forme e come un fascio di fotoni che attraversa il cosmo racconteranno la nostra storia su questo pianeta. Spesso imperfetta, a volte sfocata o un po’ mossa, ma quantomeno reale.
Nella foto: via lattea – Golfo di Orosei. Scatto singolo. Reflex full frame con obiettivo 24mm f1.8, 15 secondi di esposizione, Iso 12800.
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