Pubblichiamo uno spunto di riflessione sulla guerra firmato dalla psicoanalista junghiana Maria Luisa Spinoglio, che ci invita alla lettura della poesia “Erba”, scritta dal poeta, storico, scrittore statunitense Carl Sandburg (1878 – 1967).
di Maria Luisa Spinoglio
Per quanto crudele e lunga, ogni guerra prima o poi finisce…come tutte le cose…e l’erba torna a crescere sui campi violati, sui cadaveri diventati concime…
Impareremo mai a fare della “Vita” un uso meno distruttivo? E non mi riferisco solo alla guerra, che è forse solo la punta dell’iceberg, l’estremo limite a cui arriva l’aggressività umana quando si scatena e oltrepassa la linea rossa…
Ecco la famosa poesia di Carl Sandburg, nella versione originaria, per chi ne può apprezzare la grande musicalità, e nella traduzione italiana.
…
Grass
Pile the bodies high at Austerlitz and Waterloo,
Shovel them under and let me work –
I am the grass; I cover all.
And pile them high at Gettysburg
And pile them high at Ypres and Verdun.
Shovel them under and let me work.
Two years, ten years, and passengers ask the conductor:
What place is this?
Where are we now?
I am the grass.
Let me work.
Erba
Ammucchiate tutti i corpi ad Austerlitz e a Waterloo
Seppelliteli qui e lasciatemi lavorare
Io sono l’erba; io copro tutto.
E raccoglieteli tutti a Gettysburg
E accumulateli tutti a Ypres e a Verdun.
Seppelliteli qui e lasciatemi lavorare.
Due anni, dieci anni, e i passeggeri chiederanno al conducente:
Che posto è questo?
Dove siamo ora?
Io sono l’erba.
Lasciatemi lavorare.
Carl Sandburg
da Cornhuskers (1918)