La bellezza è forse il valore più astratto, immateriale e soggettivo che l’uomo sia mai stato in grado di concepire. Eppure, per quanto impalpabile essa sia, riveste un ruolo determinante nelle nostre vite.
Per nostra natura siamo portati a ricercare la bellezza con ostinazione, a volte come un rifugio sicuro dai piccoli o grandi drammi quotidiani. Altre volte come motore trainante delle nostre azioni, come spinta emotiva per migliorare noi stessi e ciò che ci circonda.
In questi tempi drammatici la sua ricerca sembra più difficile, se non addirittura inutile. Viviamo eclissati all’interno delle nostre nostre prigioni e la bellezza del mondo ci appare lontana e irraggiungibile, ma proprio per questo non dobbiamo perderla di vista. Non dobbiamo smettere di ricordarla e pensare che molto presto ritorneremo ad apprezzarla.
Abbiamo il tempo per progettare una vita nuova, coltivare la solidarietà, ridurre gli sprechi e i bisogni indotti, riflettere su ciò che realmente ci manca e annotarlo per non dimenticarlo una seconda volta. È necessario continuare a fare progetti, mantenere i rapporti con le persone care, prendersi cura del corpo e della mente, alimentando sogni e speranze che ci attendono poco oltre la soglia di un tempo che presto diventerà ricordo.
La grande bellezza
È necessario ripeterci che, nonostante tutto, come un grido di speranza, la bellezza continua a esistere. Oltre i muri e i vetri delle nostre case. Sorvola le città e ci osserva dall’alto, sulle ali colorate di piccoli arcobaleni, o nelle forme mutevoli delle nuvole.
La bellezza continua a esistere in ogni crepuscolo che si contende la notte con la luna. Nella quiete della sera e nel canto degli assioli. Nel grido della civetta e nei passi furtivi della volpe, nel rumore della pioggia e in quello del tuono. Esiste oltre il buio, in stelle lontane e mondi inesplorati. In ogni alba che veste il cielo con i suoi colori caldi e segna l’inizio di un nuovo giorno. Nelle ombre lunghe proiettate dagli alberi e nei riflessi sulla palude, nel vento e nella nebbia, nel profumo della campagna e nella brina mattutina.
La bellezza continua a esistere oltre la superficie del mare, negli arabeschi disegnati sulla pelle dei suoi abitanti. Nella sabbia e nel sale, nella schiuma e nelle rocce, nelle piccole isole e negli sconfinati oceani. Esiste negli orizzonti lontani che impariamo a osservare oltre i tetti delle nostre abitazioni, nelle foreste e nelle valli solcate da fiumi e torrenti, nelle aspre vette modellate dal tempo e in ogni creatura che ne percorre i sentieri.
La bellezza continua a esistere nei luoghi che ancora non abbiamo visitato e che mai ci siamo accorti di desiderare così tanto.
La bellezza continua a esistere in noi stessi, che siamo parte del tutto e che mai smetteremo di esserlo, nell’attesa impaziente, che renderà ancora più grande la gioia del ritorno.
Lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung, dal suo Libro Rosso, nel dialogo tra un mozzo e il capitano della nave racconta come quest’ultimo aveva affrontato la quarantena.
«…Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare, pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno, le vivevo intensamente e mi godevo l’attesa. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L’attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente. Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell’equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando»
«Come andò a finire, Capitano?»
«Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto»
«Vi privarono anche della primavera, ordunque?”»
«Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più».