A pochi chilometri da Roma, nei pressi del lago di Bracciano e della cittadina di Manziana, esiste un luogo al di fuori della realtà, uno di quei posti incontaminati dove il bosco ancora detta le sue regole ed è possibile assaporare un’ energia unica; la Riserva Naturale Monterano.
Essa venne istituita nel 1988 con lo scopo di tutelare uno degli angoli più belli della Tuscia Romana.
La Riserva Naturale oggi copre poco più di 1.000 ettari, i quali custodiscono una grande varietà di ambienti e un’ alta biodiversità (tema sempre più delicato a livello europeo – ndr). Il paesaggio è caratterizzato da boschi collinari, forre vulcaniche con vegetazione tipica e felci rarissime – di cui 2 endemiche del Lazio -, prato-pascoli con la loro tipica flora e fauna e il tutto attraversato da un corso d’acqua, il Fiume Mignone, incluso nei Siti di Interesse Comunitario (SIC) che costituiscono patrimonio dell’intera Unione Europea nell’ambito della Rete Natura2000.
Vegetazione ricca
Uno dei punti di forza della riserva, e sicuramente ciò che la rende unica , è la città fantasma” di Monterano, con il suo palazzo ducale, l’acquedotto, la splendida fontana berniniana del leone, il Convento di S. Bonaventura e gli edifici minori costruiti su antiche preesistenze etrusche.
La vegetazione della Riserva Naturale è molto variegata, grazie agli effetti del clima locale. L’afflusso continuo di umidità dal mare e il microclima fresco delle forre, abbassa i limiti altimetrici della vegetazione e così alcune piante si trovano a quote più basse di quelle naturali (come il faggio, ad esempio, che alle nostre latitudini si dovrebbe trovare al di sopra degli 800 metri di quota, mentre qui è presente a meno di 400).
Le caratteristiche microclimatiche delle forre, sul fondo delle quali, anche nelle estati più secche, troviamo aria fresca e un certo tasso di umidità, bassa insolazione e protezione dai venti, fanno in modo che siano presenti specie botaniche tipiche dei climi più freschi.
Per tutti questi motivi la Riserva naturale ospita, a stretto contatto, specie quali il faggio (Fagus sylvatica) e specie di ambito strettamente mediterraneo, come il leccio (Quercus ilex), specie di areale balcanico come il bagolaro (Celtis australis) e specie “africane”, come la tamerice (Tamarix gallica).
I boschi prevalenti nella riserva naturale sono costituiti da querceti con cerro (Quercus cerris), rovere (Quercus petraea) e, nelle zone più aride e assolate, roverella (Quercus pubescens). Nello strato arboreo compaiono oltre al cerro, alla roverella e alla rovere, il carpino bianco (Carpinus betulus), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il farnetto (Quercus frainetto) e l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum).
Nel sottobosco troviamo specie quali l’asparago (Asparagus acutifolius), la robbia (Rubia peregrina), il caprifoglio etrusco (Lonicera etrusca), la viola (Viola suavis), il tamaro (Tamus communis), il corniolo (Cornus mas), l’acero campestre (Acer campestre), la fusaggine o “berretta del prete”, per la caratteristica forma delle sue bacche (Euonymus europea), e il biancospino (Crataegus monogyna).
Nel microclima costituito dalle forre troviamo comunità a carpino bianco e altre latifoglie a foglia caduca, con importanti esemplari di faggio e castagno, l’acero di monte (Acer pseudoplatanus), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), il nocciolo (Corylus avellana). Inoltre la forra è il regno delle felci, tra le quali la felce florida (Osmunda regalis) che, assieme alla rarissima lonchite minore (Blechnum spicant) e alle altre felci (Anogramma leptophylla, Phyllitis scolopendrium, Polystichum setiferum e Anthyrium filix-foemina), ci riporta ad antiche foreste. Interessanti, poi, sono un piccolo lembo di gariga a cisto (Cistus salvifolius) e un popolamento a ginepro (Juniperus communis). Accanto alle sponde dei corsi d’acqua abbiamo la prevalenza assoluta di ontano (Alnus glutinosa), spesso con esemplari di notevoli dimensioni. Più rari sono i salici (Salix alba, Salix purpurea) che intrecciando i loro rami da una sponda all’altra costruiscono caratteristiche “gallerie”. È presente anche qualche pioppo (Populus alba).
Il percorso
Il mio percorso preferito è quello che parte dal parcheggio della Diosilla che prende il nome dalla cascata omonima presente sulla sinistra e che si getta in una delle forre. Il percorso si snoda proprio all’interno della forra permettendoci di ammirare tutte le specie botaniche di cui abbiamo parlato e ci si sente immersi totalmente nella natura. Dal bosco si arriva, poi, alla solfatara: il paesaggio cambia completamente e gli odori ci portano in un ambiente quasi marziano, in cui i colori sono stupendi. Dalla solfatara si prosegue sullo stesso sentiero e ci si avvia alla città vecchia posta sopra un blocco di roccia vulcanica. Terminata la salita dalla boscaglia cominciano a comparire le prime rovine e si rimane del tutto estasiati.
Un posto che vale assolutamente la pena assaporare.
Come sempre vi auguro buona passeggiata!
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