“Per cambiare il futuro abbiamo bisogno delle nuove generazioni”; “I giovani sono il ponte per il futuro”; “Il futuro appartiene alle nuove generazioni”. Queste sono solo alcune delle frasi che leggiamo se cerchiamo in rete le parole giovani e futuro. Siamo così abituati a queste affermazioni che spesso non diamo loro il rilievo che meritano, ma i temi caldi che riguardano il futuro del nostro pianeta e il benessere della popolazione sono e saranno a tutti gli effetti in mano loro.
di Elisabetta Filosi
Non possiamo permettere che anche i giovani falliscano là dove lo hanno fatto i loro padri, i loro nonni, i loro bisnonni.
A tal proposito, un’ondata di ottimismo e speranza ha permeato il Rifugio Vincenzo Lancia, sabato 25 settembre, durante un’emozionante giornata interamente dedicata alla coesistenza con la fauna selvatica.
Protagonisti della giornata proprio i giovani studenti del Liceo delle Arti Depero di Rovereto e del Liceo Scientifico Galilei di Trento che, nel difficile anno scolastico 2020-2021, hanno portato egregiamente a termine il progetto “Coexistence.life, cartoline per la coesistenza”. Natura e arte si sono fusi nel bellissimo anfiteatro della Pozza, sul Pasubio, dando origine ad una caccia al tesoro tra larici, anfratti di roccia, pini mughi e muretti a secco.
Le opere dei ragazzi e i loro messaggi sulla coesistenza offrono spunti di riflessione e sguardi verso un futuro dove uomo e fauna selvatica riescono a coesistere. Un percorso contorto ed intricato, fatto di strade e sentieri che si intrecciano. Un traguardo ancora lontano, faticoso da raggiungere, ma con impegno e sacrificio non impossibile.
Ai ragazzi anche il merito di aver condotto e mediato con grande professionalità e maturità, l’evento conclusivo della giornata. A Dario e Marianna il ringraziamento per aver gestito un dibattito aperto a tutti sulla coesistenza con la fauna selvatica. A rispondere alle domande il team di Coexistence.life, quale esperto in comunicazione scientifica, Enrico Ferraro e Filippo Zibordi, esperti di fauna selvatica e grandi carnivori, Paolo storico gestore del rifugio e, ovviamente, i ragazzi stessi autori delle opere presentate.
Elisa, giovane grafica, con pacata fermezza, descrive così la sua opera: “L’uomo è parte integrante del sistema naturale e dev’essere in grado di garantire alle altre creature gli spazi che richiedono. Nel mio progetto ho voluto rappresentare una coesistenza silenziosa. Mi è sempre piaciuta l’idea di vivere in un ambiente ricco di vita anche quando non riuscivo a percepirla o a vederla. In un bosco notturno e silenzioso ho creato dei percorsi luminosi che diventano protagonisti e che rappresentano i passi dell’uomo e degli animali selvatici. Alcune volte si incontrano, altre volte si allontanano formando un intreccio armonioso. Ho preso spunto dalle fototrappole che permettono di rilevare la fauna selvatica senza venire a contatto con essa e senza disturbarla in alcun modo”.
Elisa ha centrato perfettamente il bersaglio, portando alla luce la tematica che più ha colpito e affascinato: la copresenza discreta e silenziosa. La consapevolezza che i sentieri che percorriamo vengono attraversati e percorsi dagli animali, animali che non vediamo o che solo per pochi attimi scorgiamo in lontananza. Due mondi che si sovrappongono, la maggior parte delle volte armonicamente.
“È importante cercare un punto di contatto tra questi due mondi, quello degli uomini e quello della fauna selvatica. Troppo spesso ci vengono proposti divisi.” È questo il punto di vista di Samuele, studente di indirizzo design che aggiunge: “Se mi trovassi davanti uno di questi animali avrei sicuramente paura, ma credo sia una paura naturale che tutti abbiamo. Lo scopo di questo progetto è anche quello di oggettivare questa paura e imparare a gestirla ascoltando testimonianze e analizzando i dati che ci vengono forniti”.
La paura e la gestione di essa è sicuramente uno dei temi centrali quando si parla di coesistenza con la fauna selvatica. Una paura arcaica, che affonda le radici in un passato remoto, in un rapporto preda – predatore che in parte ci portiamo dentro da migliaia di anni. Una paura alimentata da leggende e luoghi comuni. “Non fare così, guarda che l’orso ti mangia” e ancora “Se non fai il bravo arriva il lupo e ti mangia”. I grandi carnivori vengono tutt’oggi descritti come inarrestabili mangiatori di uomini; belve feroci che non vedono l’ora che un bambino si comporti male per riempirsi la pancia e saziarsi. A nessuno la colpa, ma a tutti l’impegno di portare la conoscenza di questi animali nelle case della gente. Una conoscenza oggettiva, scientifica e chiara che possa riportare in natura il ruolo di questi animali.
Avere paura, come dice Samuele è più che lecito ed è proprio questo che Alissa e Manuel, infiltrati nel pubblico, chiedono ai nostri esperti di fauna. “Avete mai avuto paura?”.
“Ogni mattina, quando ci svegliamo dovremmo avere paura di tante altre cose, piuttosto che dell’orso.” Risponde Filippo Zibordi. “Ci sono molti pericoli che noi sottostimiamo che hanno molto più rilievo di quelli che si verificano quando entriamo in un bosco e praticamente infimo è il numero di incidenti legati all’orso. Ciononostante l’orso è un animale grande e grosso che può diventare pericoloso nel momento in cui si sente minacciato e avere paura è lecito. Le prime volte che uscivo a monitorare gli orsi avevo timore. Anche se avevo tutte le strumentazioni per localizzare gli orsi e quindi sapevo dove potevano trovarsi, l’idea di incontrarli mi spaventava. Entrando poi in confidenza con il lavoro, ho capito che avevo più paura di incontrare un malintenzionato nel bosco piuttosto che un orso”.
Anche Enrico Ferraro, da anni dedito allo studio e al monitoraggio del lupo, concorda nel dire che la paura è lecita, ma sottolinea anche la necessità di oggettivare e ridimensionare la presunta pericolosità del lupo. “Lupo e orso, pur essendo grandi carnivori, si comportano in maniera molto diversa. Aggressioni da parte di lupo in Italia non se ne registrano da circa 150 anni e il lupo è un animale che tendenzialmente scappa. Quando mi chiedono cosa fare in caso di incontro con il lupo dico di tirare su la macchina fotografica e immortalare quel raro ed effimero incontro”.
La paura però è presente negli abitanti del territorio. Il lupo è da poco tornato a popolare queste aree alpine, “la gente non è pronta” ci dice Paolo, il gestore del Rifugio Lancia. “Le persone hanno paura di incontrarlo, la gente che sale a piedi la sera per cenare in rifugio è diminuita. Sono a favore della convivenza, ma capisco e condivido le paure di chi vive la montagna”.
La strada è ancora lunga, ma la voglia, l’entusiasmo e soprattutto la necessità di lavorare sul tema della coesistenza è alta. I giovani con i quali abbiamo lavorato saranno i cittadini, gli allevatori, gli alpinisti e i rifugisti di domani. Siamo nelle loro mani e loro, per il possibile che possiamo fare, dono nelle nostre.