Quando i genitori scoprirono che il loro bimbo era autistico, si sentirono ancora più isolati dal mondo di quanto non lo fossero stati fino a quel momento nella loro fattoria circondata dal vento e dalle praterie. Il paese più vicino distava decine di chilometri e al tempo si poteva trovare un solo negozio che offriva un po’ di tutto, ma soprattutto aveva sempre poco da offrire. Raggiungere l’ospedale era complicato, soprattutto durante i lunghi e bui inverni islandesi.
Col passare degli anni il bimbo iniziò a manifestare in modo sempre più evidente quegli episodi di sofferenza struggente e ineluttabile che in alcuni Paesi del mondo viene considerata come un atteggiamento ultraterreno. Secondo diverse culture animiste, negli istanti in cui avviene la perdita del contatto con la realtà i soggetti autistici si trasformano in figure superiori che rappresentano l’unione tra gli esseri umani e le divinità.
Un giorno, all’età di cinque anni, durante una delle sue crisi più profonde, il bimbo iniziò a correre per tutta la casa inseguito dalla madre che si era arresa a quella realtà divenuta ormai un rituale. Ma a differenza dalle altre volte, raggiunto il bagno, il bambino si calmò immediatamente sotto gli occhi stupiti della madre. La sera ne parlò col marito senza raggiungere una conclusione, riconducendo l’evento al caso. Col passare del tempo aumentava la presa di coscienza da parte dei genitori della loro nuova realtà, con la quale impararono a convivere non in segno di arresa ma per amore. Crescendo, le crisi del figlio si manifestavano con maggior intensità e la sua forza fisica iniziava a rappresentare un nuovo problema per chi gli stava vicino in quei momenti.
Il giorno del suo sesto compleanno, dopo aver scartato il regalo dei genitori, iniziò a correre per tutta la casa con gli occhi rivolti verso l’alto, urlando parole incomprensibili come mai aveva fatto prima.
Il papà lo rincorse per proteggerlo senza però riuscire ad afferrarlo, fino a quando raggiusero il bagno. Oltrepassati il lavabo e l’armadietto, il bimbo si bloccò di fronte alla lavatrice che aveva iniziato da poco il ciclo del risciacquo e che quindi saltellava e si scuoteva come un animaletto appena svegliato da un temporale. I due genitori si fermarono a osservare il piccolo che, appoggiato al grande elettrodomestico, guardava sereno i getti d’acqua che colpivano l’oblò.
Trascorsi un paio di giorni, arrivò una nuova crisi. Il papà prese immediatamente il bimbo e lo portò in bagno, mentre la mamma accese la lavatrice che iniziò a schizzare acqua dentro al cestello vuoto. Il bimbo si calmò e si appoggiò alla lavatrice con gli occhi puntati su quegli ipnotizzanti giochi di riflessi e luci provenienti dall’oblò. I due adulti si guardarono con gli occhi annebbiati dalle lacrime, poi lo lasciarono solo, si spostarono in soggiorno e si sedettero al tavolo in silenzio.
Decisero quindi di acquistare una seconda lavatrice e di offrire agli abitanti del villaggio più vicino il servizio di lavanderia, così da aumentare i tempi di lavoro degli elettrodomestici che partivano a turni alterni. Poi arrivò una terza lavatrice, seguita da una quarta e una quinta.
Intanto per l’Islanda stava iniziando l’epoca in cui il turismo avrebbe rappresentato un momento di svolta radicale per diversi allevatori. Con l’aumentare dei voli verso l’Isola cresceva proporzionalmente il numero di fattorie trasformate in strutture ricettive. E così la voce della lavanderia si diffuse anche tra le guide turistiche che iniziarono a portare i loro clienti in quel nuovo bed and breakfast. E anche quando il pernottamento non era previsto in zona, si fermavano comunque a lasciare i loro abiti a lavare per tornare a ritirarli con il tour successivo.
Nella mitologia norrena la dea della Natura si chiama Fjalla Kona. È lei che orchestra la meravigliosa e miracolosa danza degli elementi. A lei si deve la fioritura dei prati, la misticità delle fumarole, il ribollire della lava, lo sferzare del vento, la magia dell’aurora boreale e lo scrosciare delle cascate.
Forse anche Fjalla Kona ha degli alleati tra gli umani. Esseri speciali dagli animi puri che non la tradiranno mai, ai quali ricambia la loro devozione raggiungendoli uno ad uno con l’energia dei suoi elementi, anche sotto le forme più inaspettate. Ora le lavatrici non si fermano mai, giorno e notte, e l’acqua entra in quella fattoria con l’energia e la forza delle cascate d’Islanda, donando serenità e equilibrio a quel bimbo diventato oggi un giovane uomo.
Il momento dello scatto
L’Islanda può essere definita “il Paese delle cascate”. È sufficiente percorrere poche decine di chilometri in qualsiasi direzione per incontrare scenari meravigliosi tracciati da corsi d’acqua che all’improvviso precipitano nel vuoto per centinaia di metri fino a formare altrettanti fiumi o laghi.
Mi trovavo a Dettifoss (“cascata che distrugge”) il salto d’acqua con la maggior portata non solo d’Islanda ma d’Europa. Il rumore assordante si confondeva con gli schizzi che arrivavano da ogni direzione nonostante mi trovassi a diverse centinaia di metri dal fiume.
Decisi di scattare la foto riprendendo solo quell’effetto di turbolento e dantesco vapore che più avanti dava vita a un evidente e rassicurante arcobaleno, offrendo un particolare contrasto scenico.
L’intensità della luce solare mi avrebbe permesso di scattare a mano libera, ma le goccioline d’acqua che continuavano a ricoprire la lente frontale dell’obiettivo tenevano costantemente occupata la mia mano sinistra alla quale avevo affidato l’uso del panno in microfibra. Mi concentrai inizialmente sull’inquadratura, così bloccai la testa idraulica del cavalletto. Poi impostai i settaggi della macchina fotografica e infine, per scattare, attesi il manifestarsi simultaneo di tre importanti fattori: un istante di assenza delle goccioline che risalendo dal fiume oltre a bagnare l’obiettivo riducevano la visibilità; intensità massima dell’arcobaleno che variava col prodursi in lontananza della nebbiolina; una violenta attività del vapore creato dalla caduta dell’acqua. Rimasi quindi immobile per più di trenta minuti.
Dati tecnici
- Data: 25/08/2021
- Corpo macchina: Nikon Z6
- Obiettivo: Nikkor 17/35 f2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 17 mm
- Apertura diaframma: F 14
- Tempo otturatore: 1/50 sec.
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 100
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze: