Gli effetti dell’uso scriteriato della plastica sono ormai davanti ai nostri occhi. Molti animali marini muoiono soffocati dai rifiuti di quel materiale che negli anni ’60 fu considerato una trovata rivoluzionaria per l’umanità.
La plastica non ha disatteso le aspettative, poiché effettivamente è entrata nella nostra vita con milioni di oggetti d’uso quotidiano, in ogni angolo del globo. Ma il consumo esagerato e la quantità di rifiuti che ne deriva stanno oggi portando alla morte milioni di animali.
Un gran numero di specie, e non solo marine, ingerisce frammenti di rifiuti plastici scambiandoli per cibo. Questo espone gli organismi agli inquinanti ambientali e all’accumulo di tossine, causando disgregazione endocrina, stress infiammatorio e fisiologico.
Un recente studio condotto da alcuni scienziati dell’Università della Florida sugli uccelli ha evidenziato che non sono solo quelli pelagici e costieri a mostrare una mortalità correlata all’ingestione di rifiuti plastici, ma anche i rapaci diurni.
Il monitoraggio, condotto da Julia Carlin, si è occupato di verificare e quantificare l’abbondanza di inquinamento plastico nel tratto gastrointestinale della poiana spallerosse (Buteo lineatus) e del falco pescatore (Pandion haliaetus). La prima è una specie che caccia in ambienti terrestri, la seconda in habitat lagunari.
Sorprendentemente è emerso che i roditori e i rettili catturati dalla poiana spallerosse in ambienti di terra mostravano nei propri stomaci più microplastiche rispetto a quelle trovate nei pesci predati dal falco pescatore.
Secondo questo studio, l’86% della microplastica trovata nei rapaci morti era costituito da microfibre.
Molti indumenti, stoffe, stracci, cordami oggi sono realizzati in microfibra e durante il lavaggio in lavatrice rilasciano un gran numero di microplastiche primarie. Che finiscono negli ecosistemi attraverso le acque reflue. Si calcola che più di un terzo dell’inquinamento da microplastica nel mare derivi da qui.
Lo studio ha anche evidenziato che le microplastiche blu e quelle più chiare sono state quelle più frequentemente riscontrate. Le ragioni di questa prevalenza potrebbero essere correlate ai colori dominanti delle materie plastiche nell’ambiente e al fatto che gli uccelli confondono questi colori per prede insolite o materiali utili per la costruzione del nido.
Julia Carlin e il team di ornitologi è solo all’inizio, ma aver scoperto che anche i rapaci più legati alle aree interne possono ingerire molta plastica sta ponendo nuovi scenari di ricerca.
Saranno necessari ulteriori studi per comprendere i potenziali effetti biologici e fisiologici della plastica e per capire quale sia la fonte dei polimeri al fine di sviluppare strategie di conservazione e gestione volte a ridurre la presenza delle fibre sintetiche nell’ambiente. Fermare il trend d’ingestione involontaria della plastica – un problema che riguarda anche gli esseri umani – potrebbe essere una missione quasi impossibile.
Quello che possiamo fare, tuttavia, è evitare che un numero consistente di rifiuti di plastica entri in circolo nell’ambiente.
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