Il riccio di mare viola (Paracentrotus lividus), erroneamente detto “femmina”, è un importante erbivoro, preda di pesci, stelle marine e molluschi. Questa piccola creatura acuminata disciplina il volume delle alghe, pertanto è una specie chiave per mantenere intatte le dinamiche degli ecosistemi costieri.
Il riccio di mare viola, infatti, è stato utilizzato anche come modello nella biologia dello sviluppo e come strumento di valutazione della qualità dell’ambiente.
È uno degli organismi che caratterizzano l’ecosistema della Campania e ne è ricco il mare dell’isola di Procida, nel golfo di Napoli.
Ma i ricci di mare viola sono particolarmente sensibili alle condizioni ambientali e questa specie è stata colpita dal cambiamento climatico e dall’inquinamento.
Poi ci sono le ause antropiche del suo depauperamento: in molti Paesi è considerato una prelibatezza culinaria, mentre in alcune regioni è minacciato dalla pesca eccessiva.
Uno squilibrio di situazioni anomali
Paradossalmente, tuttavia, mentre in alcune aree è del tutto assente, in altre se ne contano popolazioni eccessive, che possono portare all’esaurimento di alghe e altra flora marina. Entrambe le situazioni richiedono soluzioni mirate.
La Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM – General Fisheries Commission for the Mediterranean) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) sta aiutando gli acquacoltori a gestire entrambi i problemi.
Nel caso della morìa di ricci di mare viola, la CGPM sta creando linee guida specifiche per l’acquacoltura riparativa, concentrandosi su specie chiave come ricci di mare, alghe e molluschi (scarica qui il documento).
Nel caso opposto della sua eccessiva proliferazione, la CGPM sta collaborando all’eliminazione dei ricci dalla vendita nei mercati ittici, favorendo così il ripristino e l’incremento delle popolazioni di specie diverse di alghe.
Conservazione mediante l’acquacoltura
A Procida, dove sono esposti a pesca eccessiva, il GFCM ha collaborato con produttori e ricercatori locali, effettuando campionamenti subacquei e raccogliendo preziose informazioni sull’allevamento e il ripopolamento dei ricci di mare, apprezzati non solo per le gustosissime uova, ma anche per le importanti indicazioni scientifiche che forniscono per il ripristino delle popolazioni.
Echinoidea, un piccolo impianto di acquacoltura che opera a Procida, in collaborazione con le strutture di ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ha prodotto oltre 20.000 larve di riccio di mare mediante fecondazione artificiale presso il proprio allevamento.
Una volta pronti, gli esemplari adulti vengono rilasciati nel loro ambiente naturale per continuare a crescere in un’area specifica destinata all’acquacoltura, contribuendo a mitigare la pressione della pesca sulle popolazioni spontanee.
«L’allevamento di ricci di mare è un’iniziativa recente, che abbina l’innovazione al ripristino degli ecosistemi: va studiata attentamente per poter applicare i modelli adatti ai bacini del Mediterraneo e del Mar Nero» afferma Ibrahim Al Hawi, Presidente del comitato scientifico consultivo per l’acquacoltura della CGPM.
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