Uscendo dal portone d’ingresso del mio condominio scorsi Caterina, la portinaia. Aveva origini sarde, i suoi genitori provenivano da un paesino dell’entroterra in provincia di Cagliari ed erano emigrati a Milano quando lei aveva solo pochi mesi.
Erano le otto del mattino e stava già pulendo l’entrata dello palazzo armata di scopa e paletta. Caterina mi sorrise da lontano e accendendosi nel mentre una Marlboro light, la sua sigaretta preferita, mi si avvicinò.
«Buongiorno Stefano» mi salutò in maniera energica.
«Buongiorno Caterina. Già al lavoro di primissima mattina vedo!» scherzai io, allacciandomi l’orologio al polso.
«Eh sì. Pensa che ho già perso mezz’ora a raccogliere le lattine di birra che qualche maleducato ieri notte ha lanciato dentro il cortile. Alcune sono finite perfino nel cespuglio di ortensie», rispose lamentandosi.
«Cavolo, non è la prima volta questo mese. Beh! Ma, invece, Joy come sta?» chiesi io, cercando così di cambiare argomento. Non avevo proprio voglia di sentire lamentele già di prima mattina.
Joy era il pechinese femmina di Caterina. Abbaiava per la qualunque, non distingueva una foglia che cadeva da un ladro, motivo per il quale non sarebbe mai stata un ottimo cane da guardia.
«Mah sta abbastanza bene… anche se ho notato che ha dei comportamenti strani ultimamente. Si accentuano la sera secondo me o, forse, ci faccio caso perché si siede insieme a me sul divano a guardare le fiction su Raiuno», mi disse Caterina.
«Cosa succede? Strani in che senso?» chiesi io incuriosito «La prossima volta che vedi questi atteggiamenti, filmali con il cellulare cosi è più facile anche per me capire».
«Ma no, è che quando fa le puzzette si spaventa e guarda in giro…. la vedo turbata nei momenti dopo. È come se non capisse che è lei che le fa e poi guarda me con aria tra il disorientato e il perplesso».
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