Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha reso noti i contenuti del “Pacchetto mobilità pulita”, che dovrà essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento e che determina gli obiettivi della transizione verso veicoli a basse emissioni di CO2.
I provvedimenti ventilati nella proposta sono complementari al primo Pacchetto “Europa in movimento”, dello scorso maggio, nel quale si interveniva sul fronte delle infrastrutture (dal traffico al sistema dei pedaggi).
Questo secondo intervento, invece, è destinato ai produttori, perché stabilisce il livello di emissioni che sarà consentito alle auto di nuova produzione.
Un cammino in due tappe
Vengono fissate due scadenze: una intermedia, 2025, entro la quale le flotte di autoveicoli prodotti dalle Case automobiliste dovranno ridurre del 15% il livello delle emissioni rispetto alle attuali; il 2030 dovrà, invece, registrare una riduzione delle emissioni medie di CO2 del 30% rispetto a quelle del 2021.
Sanzioni e incentivi
Come strumenti per l’attuazione degli obiettivi non vengono dati precisi indirizzi tecnici, ma solamente incentivi e sanzioni di carattere economico, una sorta di “tassazione” (95 euro a grammo di CO2) per ogni veicolo che superi il limite designato.
Quanto agli incentivi, secondo la Commissione europea sono stati stanziati circa 600 milioni di euro per il programma Connecting Europe Facility (CEF), sui combustibili alternativi.
Altri 200 milioni di euro sono destinati all’innovazione tecnica nelle batterie. Sebbene la base di partenza sia minima (attualmente in Europa le auto elettriche superano di poco lo 0,1% e quelle ibride lo 0,4%), infatti, il mercato delle auto elettriche riveste un’importanza industriale strategica per l’UE. Per questo motivo, il commissario UE dell’energia, Maros Sefcovic, ha convocato un tavolo di lavoro con gli attori dell’industria automobilistica e dei produttori di batterie, proclamando la nascita di un’alleanza europea per la produzione di batterie di alta qualità.
I controlli
Il tema dei controlli e dell’enforcement del provvedimento, infine, non è secondario. È ancora fresco il ricordo del Dieselgate e, per garantire l’efficacia del Piano, sono stati definiti i meccanismi di sorveglianza. Si utilizzerà il nuovo standard WLTP (Worldwide Harmonised Light Vehicle Test Procedure) per l’omologazione delle emissioni inquinanti, che è entrato in vigore lo scorso 1 settembre.
Molte critiche, pochi applausi
Il “Pacchetto mobilità pulita” è stato accolto dalle critiche negative sia delle organizzazioni ambientaliste sia dell’industria automobilistica.
Per gli ambientalisti, il fatto che non venga indicata la strada tecnica da seguire, ma solo il livello di riduzione, non incentiva l’introduzione di veicoli a emissioni zero quanto, piuttosto, investimenti “di retroguardia” per migliorare le motorizzazioni attuali. Non si fa cenno, inoltre, a fonti rinnovabili, a mobilità condivisa, a soluzioni più coraggiose e risolutive. Manca del tutto l’indicazione di una quota obbligatoria di veicoli elettrici.
Secondo i costruttori, invece, la Commissione europea favorirebbe sfacciatamente l’elettrico: la misurazione delle emissioni allo scarico, e non in base al bilancio energetico totale (compresa la produzione delle batterie e dell’energia elettrica), avrebbe l’effetto di ridurre le emissioni globali di CO2 solo “sulla carta”. Inoltre, l’obbiettivo intermedio del 2015 sarebbe troppo ravvicinato per implementare nelle catene di montaggio i necessari cambiamenti tecnici ai veicoli.
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