I cani sono soggetti alla sindrome della disfunzione cognitiva canina (CCDS), una patologia che ha molte analogie con la malattia di Alzheimer e, per questo, possono fungere da modello per studi traslazionali sull’invecchiamento e la cognizione.
Un gruppo internazionale di ricercatori, in uno studio con il titolo “Activity patterns are associated with fractional lifespan, memory, and gait speed in aged dogs” pubblicato su Scientific Reports, ha valutato le performance cognitive e l’attività motoria diurna e notturna di 27 cani anziani.
Anche nei cani, così come nell’uomo, l’attività fisica è fondamentale per prevenire o rallentare la disfunzione cognitiva. E la motivazione gioca un ruolo molto importante in questa correlazione.
«Il parallelismo fra modello canino e modello umano permette di evidenziare come i fattori alla base di un sano ed efficace mantenimento cognitivo durante l’invecchiamento siano i medesimi nelle due specie» spiega Sara Giovagnoli, professoressa al Dipartimento di Psicologia Renzo Canestrari dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio.
Attività motoria e sonno
I risultati ottenuti dallo studio evidenziano il legame fra l’attività motoria, l’età e le capacità della memoria di lavoro, un tipo di memoria a breve termine che permette di raccogliere e manipolare le informazioni necessarie per svolgere un determinato compito.
«L’attività fisica riduce in modo significativo il declino cognitivo e il rischio di sviluppare malattie degenerative, contribuendo a mantenere una buona qualità di vita» dice Giovagnoli.
La quantità di ore di sonno è un elemento essenziale per i processi di consolidamento della memoria e per l’apprendimento. Gli studiosi hanno, infatti, mostrato che la riduzione del sonno è collegata a un decremento dell’attività motoria durante il giorno e un’eccessiva attività durante la notte: cambiamenti che sono caratteristici della disfunzione cognitiva canina, e che negli uomini possono essere considerati fattori di rischio per lo sviluppo di patologie degenerative.
L’altro elemento considerato dagli studiosi è la relazione tra l’attività motoria e la motivazione.
I ricercatori hanno analizzato le differenze tra la velocità di andatura spontanea verso una ricompensa e la velocità di andatura a guinzaglio, in presenza di dolore articolare. In questo caso, la motivazione gioca un ruolo fondamentale, portando il cane ad attivare la riserva motoria necessaria per raggiungere la ricompensa.
«Studi condotti sugli esseri umani evidenziano che la mancanza di motivazione è un’importante barriera all’attività fisica anche negli anziani sani o con patologie degenerative» aggiunge Giovagnoli.
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