Subito dopo la promulgazione della Laudato Si’, il 18 giugno del 2015, sul sito del Fondo Ambiente Italiano si è sviluppata per qualche mese una serie di conversazioni che hanno coinvolto figure diverse per ispirazione culturale e orientamento ideale. Differenti anche nello stile sono stati i singoli contributi: dal saggio in forma di poema del cineasta e fotografo Wim Wenders alla disamina laica del presidente del FAI, l’archeologo Andrea Carandini. A queste si sono via via aggiunti il punto di vista di Marco Vitale, consigliere del FAI e studioso delle encicliche sociali, Giulia Maria Crespi, che del FAI è stata tra i fondatori e ora è presidente onorario, Lucetta Scaraffia, storica e editorialista dell’Osservatore Romano, Gad Lerner, popolare giornalista, Giancarlo Bosetti, saggista e direttore di Reset, Michele Salvati, politologo e direttore del Mulino, Salvatore Veca, filosofo e presidente della Fondazione Feltrinelli, e infine di un altro artista contemporaneo, Michelangelo Pistoletto, autore di un’opera diffusa chiamata Terzo Paradiso.
Un anno dopo, queste conversazioni sono state raccolte in un libro curato da Pasquale Chessa e stampato da Effigi per conto del Fai. I testi dei vari conversatori sono preceduti dalle parole di Papa Bergoglio, a cui il curatore ha scelto di affidarsi direttamente, costruendo una breve antologia dell’Enciclica. Si parte dal riconoscimento della «radice umana della crisi ecologica», dal degrado ambientale all’inquinamento del pianeta, dal surriscaldamento allo sfruttamento intensivo delle terre, dallo spreco delle risorse idriche alla dissipazione della biodiversità naturale, per approdare alle espressioni del pontefice in cui il Fondo Ambiente Italiano si specchia più direttamente, quelle che ricordano che insieme al «patrimonio naturale» c’è anche un «patrimonio storico, artistico e culturale ugualmente minacciato».
È un piccolo libro, ma carico di suggestioni forti. Wim Wenders in “Doni di Dio” esordisce scrivendo: «Mentre leggo l’Enciclica Laudato si’ sono pienamente consapevole che si tratta di uno dei documenti più importanti di questo XXI secolo ancora giovane, sia a causa del suo autore, Papa Francesco, sia per il tema: l’insopportabile sofferenza del pianeta». Andrea Carandini in “Una lettura laica” ricorda che «secondo il papa, è nobile avere cura del creato anche con piccole azioni quotidiane, se inserite in uno stile di vita nuovo. Quindi la grande conversione si nutre anche di piccole realizzazioni». Lucetta Scarafia in “Un’Enciclica verde” scrive: «Il Papa che viene dai confini del mondo presenta il problema da un punto di vista diverso da quello a cui siamo abituati: l’ecologia non è un problema delle popolazioni più ricche e civili, che ne fanno un’ideologia, un partito politico, addirittura un business […]. Il disastro ecologico nella realtà è pagato drammaticamente dalle fasce di popolazione più povere del pianeta». Un concetto su cui torna anche Gad Lerner in “La terra vista dalle periferie del mondo”, quando ricorda ciò che ha affermato Papa Francesco: «È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in altre parti».
Una buona e stimolante lettura, che non manca di gettare un’ombra sull’efficacia delle parole di Bergoglio. È ancora Lerner ad affondare il colpo: «La portata dirompente dell’Enciclica è tale da avere indotto i più autorevoli teorici del nostro modello di sviluppo a relegarla nella categoria, dal loro punto di vista irrilevante, delle utopie. Non mi spiego altrimenti il fatto che – a parte qualche eccezione negli Stati Uniti – nessuno fra i pur loquaci cantori del neoliberismo si sia preso la briga di contestarla puntualmente».
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