C’è uno scarto evidente fra la popolarità di Papa Francesco e la condotta dei singoli cittadini e delle istituzioni. L’affetto che il popolo, non solo quello dei fedeli, dimostra al Santo Padre a ogni occasione pubblica è un fatto evidente. Tanta gente, tanti popoli, tanti governanti si mostrano affascinati dal messaggio di Bergoglio.
Francesco ribadisce con forza il valore della dignità umana, richiama alla solidarietà, alla carità, alla pietà, alla cura di chi è stato scartato ed è vittima dell’indifferenza. Francesco invita alla sobrietà, chiede di non emarginare nessuno, mobilita tutti al rispetto di quei valori che la globalizzazione senza regole mette in serio pericolo. Papa Francesco chiede di costruire ponti invece che muri, proclama l’importanza di camminare assieme nelle difficoltà della vita, difende i bambini da ogni violenza e chiede di correggere le storture di un sistema economico che genera storture a cominciare dalla distribuzione del cibo.
Ora, pur con tutta la buona volontà e spendendo tutto l’ottimismo possibile si fa davvero fatica a considerare diffusi e condivisi questi valori.
Anche molti dei nostri uomini di governo hanno manifestato a più riprese simpatia per il pontefice. Eppure, è notizia recente, nel 2016 l’export di armi italiane è raddoppiato, passando da 7,9 a 14,6 miliardi. Festeggiano al Ministero degli Esteri. «L’Italia», si legge in un documento della Farnesina, «è terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite dopo Usa e Francia».
Sono in crescita le forniture verso il Medio Oriente e verso Paesi sanzionati dall’Onu per avere causato la morte di migliaia di civili. È questa la risposta alla condanna di Papa Francesco contro «i trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne».
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