Analizzando venti anni di attività eruttiva, i ricercatori hanno svelato la relazione esistente tra le deformazioni del suolo e i processi connessi al sistema di alimentazione dell’Etna.
«Negli ultimi 21 anni, circa 10,7 milioni di metri cubi di magma si sono immessi annualmente nel sistema di alimentazione etneo» spiega Mimmo Palano, Ricercatore dell’INGV e Professore Associato di Geofisica presso l’Università degli Studi di Palermo, co-autore dello studio.
«Di tutto questo magma, però, solamente il 28,5% ha contribuito all’attività eruttiva, mentre il restante 71,5% si è accumulato all’interno del vulcano, contribuendo al suo rigonfiamento»
Nel periodo oggetto dello studio, l’Etna ha attraversato diversi cicli eruttivi che hanno dato luogo a 26 periodi di rigonfiamento dell’edificio vulcanico (la cosiddetta “inflazione”) e a 14 fasi di sgonfiamento (“deflazione”). Grazie all’analisi delle serie temporali di dati GNSS (Global Navigation Satellite System) acquisiti sul vulcano siciliano e alla modellazione analitica delle deformazioni del suolo associate a ciascuna fase di inflazione o deflazione, i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università degli Studi di Palermo sono stati in grado di caratterizzare i vari cicli eruttivi, identificando anche posizione, geometria e variazione volumetrica dei serbatoi magmatici attivi lungo il sistema di alimentazione dell’Etna.
«Nonostante brevi e locali fasi di abbassamento legate ai periodi di deflazione, la crescita verticale dell’edificio vulcanico può essere quantificata in circa 9-12 cm. Il campo di deformazione orizzontale del vulcano è largamente dominato dal continuo scivolamento verso est del fianco orientale dell’Etna» aggiunge Giuseppe Pezzo, Ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio.
Lo studio “Magma budget, plutonic growth and lateral spreading at Mt. Etna” è stato pubblicato sulla rivista Communication Earth & Environment.
I risultati di questo studio risultano di particolare interesse poiché stime rapide e accurate della quantità di magma accumulato sotto vulcani attivi come l’Etna possono contribuire alla gestione del territorio e alla corretta valutazione del rischio vulcanico.
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