Che l’antica e tanto contestata (dagli animalisti) tradizione delle corride potesse servire a qualcosa di buono dal punto di vista ambientale, credo che in pochi lo sappiano. Eppure è così, ed è legato allo sviluppo di un particolarissimo e interessantissimo ambiente che, a partire circa dal XIV secolo, si è evoluto e ancora oggi viene mantenuto grazie (anche) all’allevamento dei tori per la tauromachia, la corrida, appunto.
Opera dell’uomo
Stiamo parlando delle cosiddette Dehesas, i pascoli estensivi seminaturali sui cui crescono alberi sparsi, per lo più sughere, lecci e altri sempreverdi mediterranei; un ecosistema di origine antropica molto equilibrato e dove l’elemento equilibratore principale è appunto l’uomo, che da secoli gestisce questi peculiari ambienti “aperti ma non del tutto” che, dal punto di vista ecologico-strutturale, ricordano molto le savane alberate africane.
Si tratta di habitat caratteristici che si estendono su vaste aree di suolo povero nel centro, a ovest e a sud-ovest della penisola iberica e in particolare della Spagna. Infatti, le regioni maggiormente interessate da questi ecosistemi sono soprattutto l’Estremadura (anche all’interno del famoso parco Nazionale di Monfrague) e l’Andalusia, dove tra l’altro sono allevate le più importanti mandrie di tori da corrida.
Un ambiente equilibrato
Questo tipo di pascolo nasce dalla rimozione della foresta e della macchia mediterranea spontanea, mantenendone però gli alberi più produttivi, in modo da arrivare a un utilizzo multifunzionale e razionale di tali habitat e delle sue risorse naturali: spazi idonei per l’allevamento brado di animali (in particolare bovini e maiali), produzione di ghiande, erba, legname, sughero, miele e selvaggina.
Il pascolo favorisce specie vegetali con tassi di rinnovamento più elevati, perché le specie che non sono in grado di rigenerarsi o riprodursi rapidamente finiscono per essere eliminate quasi del tutto dal bestiame. Ciò significa che la biomassa vegetale non aumenta in queste aree, perché viene consumata dagli animali, sebbene la produzione sia mantenuta molto alta grazie alle caratteristiche del suolo e a quelle delle piante che a loro volta, soprattutto attraverso le leguminose spontanee, contribuiscono a rendere progressivamente fertili terreni che in origine non lo erano. Le zone che a rotazione vengono preservate dal pascolo diventano così molto ricche, con oltre 40 specie vegetali a metro quadro.
Un richiamo per tanti animali
Si crea pertanto un ecosistema come detto molto equilibrato attorno ad uno stato abbastanza maturo e stabile (climax) che attira numerose specie selvatiche, che qui cacciano o si riproducono.
Ad esempio grandi rapaci necrofili come l’Avvoltoio grifone e il Capovaccaio, che si nutrono delle carcasse di animali morti lasciati al suolo, ma anche predatori attivi come la rara Aquila imperiale spagnola e la Lince iberica, che cacciano anche i cervi, i cinghiali e i conigli che hanno colonizzato queste aree. E poi tante specie interessanti appartenenti alla cosiddetta “Fauna minore”, come tanti insetti e rettili, tra cui la Lucertolaocellata.
Le mandrie dei tori
Sotto l’ombra dei grandi alberi delle Dehesas pascolano tra gli altri anche le mandrie di tori che come detto sostengono gli spettacoli nelle circa 570 “plaza de toros” del Paese, ma anche le tante altre manifestazioni tradizionali che nella penisola Iberica hanno al centro questo imponente animale, come ad esempio la famosa corsa dei tori durante la festa di S.Firmino a Pamplona. Nelle Dehesas i tori possono essere allevati in modo controllato, ma allo stato brado, in modo da poter mantenere e, anzi, sviluppare quella componente selvatica indispensabile per rendere l’animale “competitivo” durante la corrida. Attorno a questo spettacolo, che ogni anno sacrifica circa 10.000 tori (ma il numero è difficile da stimare con certezza), ancora oggi girano milioni di euro (3.550 nel 2014), una parte dei quali va all’allevamento degli animali e al mantenimento delle stesse Dehesas.
Pertanto la legittima richiesta di riduzione delle corride sino alla loro abolizione dovrà anche fare i conti con questo aspetto, per evitare che assieme ai toreri si possano estinguere habitat peculiari che danno oggi sostegno a decine di specie di flora e fauna selvatiche.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com