Un piccolo esercito di cento tartarughe equipaggiate con trasmettitori satellitari è pronto per partecipare al progetto europeo LIFE MEDTURTLES che comincia in questi giorni.
Coordinato dall’Università di Pisa, il progetto ha l’obiettivo è proteggere due specie a rischio dei nostri mari come la tartaruga comune (Caretta caretta) e quella verde (Chelonia mydas), è finanziato per 3 anni e prevede l’impiego di droni per le ricognizioni e di una App per le segnalazioni degli avvistamenti, oltre a un importante coinvolgimento di pescatori in cinque Paesi mediterranei attraverso un approccio collaborativo di ‘citizen science’.
Grande attenzione per i siti di nidificazione
Punto di partenza del progetto è identificare i siti di nidificazione in Spagna e Albania, dove saranno adottate diverse misure di protezione dai predatori naturali, dalle inondazioni e dall’impatto delle attività umane.
In caso di necessità, quindi, gli scienziati potranno spostare i nidi in spiagge più adatte e recuperare le uova per far completare la schiusa in incubatrici.
Il fondamentale coinvolgimento dei pescatori
In parallelo comincerà un grande lavoro di sensibilizzazione e collaborazione con i pescatori di Spagna, Italia, Tunisia, Turchia e Albania, per ridurre i danni provocati dalle battute in mare.
Innanzi tutto gli scienziati forniranno loro attrezzi da pesca modificati, per diminuire le catture accidentali, e le indicazioni su come trattare le tartarughe comunque catturate, in modo da ridurre la mortalità successiva al rilascio.
Quindi cercheranno di sensibilizzarli per evitare l’abbandono in mare di pezzi di attrezzi da pesca che costituiscono un pericolo grave per le tartarughe e sull’importanza di smaltirli in modo appropriato. Infine, i pescatori verranno informati sulle aree maggiormente frequentate dalle tartarughe marine.
Monitorare gli spostamenti per proteggerle meglio
«Caretta caretta e Chelonia mydas sono due specie di tartarughe che, soprattutto durante il periodo giovanile, frequentano l’intero bacino del Mediterraneo e compiono tragitti estremamente variabili che le espongono a grandi rischi, in primo luogo la pesca che rappresenta di gran lunga per loro la minaccia più rilevante», dice il professor Paolo Casale, del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che coordina il progetto insieme al collega Paolo Luschi.
I ricercatori ricaveranno dunque le informazioni sulla distribuzione spaziale delle tartarughe grazie all’integrazione di avanzate tecniche di telemetria satellitare, monitorando gli spostamenti delle 100 tartarughe “dotate” di trasmittenti.
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