Non sappiamo tutto a proposito di evoluzione. La teoria di Darwin ha fornito un ottimo punto di partenza per cominciare a capirci qualcosa, ma è ancora lungo il percorso per sciogliere (se mai sarà possibile) gli enigmi dell’infinità di processi e funzioni che hanno portato alla natura che conosciamo oggi.
Osservando la grande complessità della natura e dei suoi fenomeni, viene naturale chiedersi come il caso possa aver generato un tale livello di complessità.
Escludendo il comodo ricorso ad ipotesi mistiche, si stanno facendo strada diverse teorie riguardo a una possibile “capacità di apprendimento” del processo evolutivo.
In un “opinion paper” pubblicato sulla rivista scientifica Trends in Ecology & Evolution, i professori Richard Watson e Eörs Szathmáry hanno evidenziato alcune analogie tra la teoria dell’ evoluzione e le teorie di apprendimento dei sistemi (che dimostrano come l’adattamento incrementale permetta al sistema di assumere un comportamento intelligente).
Secondo gli scienziati, unificando queste teorie è possibile capire come l’ evoluzione può assumere alcuni comportamenti “intelligenti”, in particolare, la capacità di apprendere dalle passate esperienze.
L’organizzazione dei processi evolutivi è in gran parte un prodotto dell’ evoluzione del passato e questo offrirebbe la possibilità che le mutazioni casuali sfocino in cambiamenti fenotipici “informati”, cioè guidati da un certo grado di memoria.
Quindi si potrebbe parlare di un’ evoluzione non più totalmente cieca e guidata dal caso, ma in una certa misura intelligente e capace di apprendere dalle precedenti esperienze.
Questa visione non va confusa con un approccio finalistico o addirittura divino dell’evoluzione, non c’è qualcuno o qualcosa che guida il processo per arrivare a un determinato scopo.
Tuttavia la suggestiva teoria appoggiata da Watson e Szathmáry potrebbe essere la risposta a uno dei grandi dilemmi della scienza dai tempi di Darwin ad oggi ed aprirebbe nuovissimi scenari.
Illustrazione: Silvia Venturi
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