Giorni fa mi è capitato fra le mani un libricino intitolato “Contro (la) natura” (Marsilio) scritto da Chicco Testa con Patrizia Feletig. Tutti conoscete Chicco Testa, per necessità di sintesi mi limiterò a ricordarlo come ex presidente di Legambiente ed Enel.
La cronaca ci ha consegnato due Chicco Testa. Quello della prima ora, comunista, ribelle e un po’ freak, ecologista, fondatore di Legambiente, acerrimo nemico del nucleare. E quello successivo, che diventa un manager pubblico prodiano e passa con rapidità dalla presidenza di Acea, sponsorizzato da Rutelli, a quella di Enel. Poi un lungo elenco di incarichi, tra cui quello di Managing Director di Rothschild Italia. Ora è presidente di Telit Communications e di Treerre, azienda romana che opera nel settore del waste management.
Contro(la)natura è il suo nuovo saggio, che già nel sottotitolo si rivela acuto: “Perché la natura non è buona né giusta né bella”. L’ex ecologista, poi boiardo di Stato e ora brillante manager regala ai lettori perle di autentica saggezza pagina dopo pagina. Ci ricorda, per esempio, che “i fiumi hanno sempre esondato” e che “la vita in campagna era grama, molto grama.” Ma va?
Poi ci spiega cosa ha fatto tornare la gente a coltivare la terra: “trattori, pesticidi e fertilizzanti”. Già, perché la natura di per sé è cattiva. Chicco Testa supporta la sua tesi con prove inconfutabili: “un tifone o un terremoto non sono forse fenomeni naturali?”. È alto il Testa-pensiero. Si spinge verso vette inaccessibili ai più, ad esempio quando precisa che “l’aspettativa di vita è maggiore in una città industrializzata dell’occidente che in una campagna africana o nella steppa russa”.
Un vero filosofo, un concentrato di sapienza. È grazie a figure come Chicco Testa che l’umanità si è fatta largo tra foreste inospitali cacciando dai loro habitat specie animali e vegetali con metodi che, oggi, sprovveduti ecologisti definirebbero speculazione. Pensate che eroi, i colonialisti belgi in Congo o quelli della Peruvian Amazon Company in Brasile! E perché no, quelli della Chevron, ExxonMobil, Eni, Shell, Total e di tutti i colossi petroliferi e le aziende energetiche che a colpi di megawatt scacciano popoli primitivi dai loro luoghi nativi. Si fanno strada in mezzo a belve feroci e zanzare grosse come rondini per andare a trivellare e costruire dighe e centrali nel bel mezzo del nulla. Il progresso, un’idea geniale, verrebbe da dire col criterio di Testa. Nomen omen. Pura classe dirigente Made in Italy, allevata, come è sempre successo e succede da noi, non nella scuola della pubblica amministrazione o di un’azienda d’avanguardia, ma nel laboratorio dei partiti. Perché il management italiano, pubblico o privato, deve pur sempre navigare nel mare dei partiti.
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