Uno studio dal titolo From seismic monitoring to tsunami warning in the Mediterranean Sea, da poco pubblicato sulla rivista Seismological Research Letters, fa il punto sull’attività dei primi quattro anni del Centro Allerta Tsunami dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Un’attività di grande importanza poiché, pur trattandosi di eventi estremamente rari nei nostri mari, gli tsunami hanno un potenziale distruttivo enorme, come dimostrano un paio di casi verificatesi a seguito di terremoti avvenuti tra la Grecia e la Turchia nel 2017 e nel 2020, in cui sono state osservate inondazioni fino a due metri di quota. E anche nel più recente terremoto di magnitudo 7 a Samos sono stati registrati danni ingenti e una vittima.
Una questione di tempo
Il monitoraggio degli tsunami di origine sismica viene effettuato a partire dall’analisi in tempo reale di ogni terremoto che avviene in mare o sulle coste del Mediterraneo, utilizzando tecniche sismologiche che consentono il calcolo rapido delle coordinate ipocentrali e della magnitudo.
In caso di potenziale tsunami, il CAT invia i messaggi di allerta al Dipartimento della Protezione Civile italiano e a numerosi Stati membri dell’Unesco dell’area euro-mediterranea.
“Abbiamo analizzato centinaia di terremoti nel mondo e alcune decine nell’area di nostra competenza, cioè il Mar Mediterraneo – spiega Alessandro Amato, primo firmatario dello studio e responsabile del CAT-INGV -. I messaggi di allerta tsunami sono stati inviati dal CAT tra 7 e 10 minuti dopo l’occorrenza dei terremoti, un tempo utile per permettere l’evacuazione in quasi tutte le aree costiere potenzialmente interessate”.
Dalla teoria alla pratica
Lo studio ha permesso di individuare alcuni elementi che consentiranno di velocizzare ulteriormente le procedure di calcolo e di ridurre così i tempi dell’allerta, pur mantenendo un buon grado di accuratezza delle stime.
Resta fondamentale l’ultimo anello della catena: fare in modo che i messaggi di allerta di raggiungano il cittadino. Perché l’aumento della consapevolezza e la preparazione specifica della popolazione sono strumenti necessari per la riduzione del rischio.
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