Decine di migliaia di rapaci stanno sorvolando in questi giorni la Sicilia e lo stretto di Messina. I volatili, che provengono dall’Africa, stanno risalendo la penisola per riprodursi sul continente europeo.
Importante corridoio per le migrazioni
Con il Bosforo e lo stretto di Gibilterra, lo stretto di Messina rappresenta il più importante corridoio europeo per la migrazione degli uccelli; ogni anno si stima che siano circa 30mila i rapaci che compiono questa tratta per nidificare.
La task force per salvarli dai bracconieri
Il grande numero di uccelli di passaggio aumenta anche il rischio di bracconaggio. Per questo, la Lega Italiana Protezione Uccelli ha messo in campo una task force per presidiare i luoghi sensibili.
Il campo antibracconaggio, che si avvale dell’apporto di volontari provenienti da tutta Italia e che terminerà a metà maggio, vigilerà sulle aree di migrazione della sponda calabrese dello stretto di Messina, zona considerata il “black spot” del bracconaggio in Italia.
Al contempo, altri volontari saranno impegnati sul versante messinese, sui due siti di Dinnammare e monte Ciccia nella zona dei Monti Peloritani. L’obiettivo è quello di consentire una traversata sicura agli stormi, che in questo periodo dell’anno sono composti per la maggior parte da falchi pecchiaioli (Pernis apivorus).
I numeri dello scorso anno
Lo scorso anno la Lipu ha registrato il passaggio sullo stretto di 22mila falchi pecchiaioli, 2mila falchi di palude, 300 cicogne bianche e di alcune specie rare, tra quali sparviere levantino, sacro, aquila imperiale e capovaccaio.
«Torniamo anche quest’anno sullo stretto di Messina con la speranza di udire solo i suoni della natura e non quelli degli spari dei bracconieri – ha spiegato il presidente della Lipu Fulvio Mamone Capria –. Ringraziamo i volontari che si apprestano a presidiare le aree di migrazione e inoltre i Carabinieri forestali, che con la loro presenza insostituibile favoriscono la prevenzione dei reati e la salvaguardia dello splendido fenomeno della migrazione, un gioiello che appartiene all’intera comunità internazionale e che grazie al progetto Rapaci migratori stiamo continuando a studiare».
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